In questi giorni è esplosa la questione del reparto di pediatria chiuso “a tempo” nell’ospedale di Corigliano. Ma sono mesi che, tra i due ospedali di Corigliano-Rossano e quelli “semifunzionanti” di Trebisacce e Cariati, si susseguono lamentele, difficoltà, carenze che danneggiano la cittadinanza ma, al tempo stesso, gli operatori sanitari.
Senza entrare nel merito specifico del singolo caso e nell’opportunità di determinate scelte momentanee, a nostro avviso occorrerebbe ragionare sulla situazione complessiva che stiamo vivendo. E’ chiaro che da troppi anni prosegue uno scontro tra politica regionale e nazionale, rappresentata dai vari commissari, che non affronta mai le emergenze sanitarie ma si muove, da un lato verso il contenimento della spesa, con risultati irrilevanti, dall’altro sul versante delle nomine e sulla, conseguente, gestione del bacino elettorale che ne consegue. Uno scontro che non ha ricadute positive sul malato e che, anzi, vede solo peggiorare il servizio. Chiudono ospedali, chiudono guardie mediche e quelle che restano aperte sono prive di medicinali basilari, non si assumono medici ed infermieri e si blocca il turn-over così basta una malattia ovvero la richiesta di ferie legittime per bloccare interi reparti. E non è solo il caso di pediatria ma riguarda gli anestesisti, i chirurghi…insomma un po’ tutti. Lo scontro, anche con il cambio di governo, non sembra fermarsi anzi, al contrario, aumenta. A tutti interessa mettere il cappello sull’individuazione del presunto colpevole, a tutti interessa proporre i suoi uomini di fiducia, a tutti interessano i voti che vengono da quel settore…a nessuno interessa affrontare la questione alla radice: occorrono risorse nella sanità.
E’ talmente banale come risposta da risultare ridicola. E’ l’obbligo di pareggio di bilancio ad aver paralizzato la sanità nel nostro Paese ed in particolare nelle regioni più povere. Non si assumono medici, non si fanno concorsi, non si aprono ospedali, non si erogano prestazioni sufficienti, si favoriscono strutture private con convenzioni frutto di rapporti politici tra potentati (vedi iGreco ecc.). Ed il prezzo lo pagano i ceti deboli. Ad aggravare la situazione la proposta del regionalismo differenziato che potrebbe annullare il patto di solidarietà che regge il nostro sistema Paese tutto a danno del meridione e gli interessi delle assicurazioni private che cercano d’entrare nel settore sanitario. E nemmeno il governo in carica, parimenti a precedenti, sembra voler mutare questa situazione. Abbiamo avuto promesse e rassicurazioni ma, alla resa dei conti, il quadro resta immutato. Ed allora cosa fare? Avere il coraggio di abolire il pareggio di bilancio obbligando l’Europa ad una sua riconsiderazione in termini solidaristici e non economici, ovvero, per lo meno, escludere dall’obbligo alcuni settori (Welfare, Sanità, Scuola e Ricerca). Ed in termini di mero bilancio sarebbe uno sforzo sostenibile semplicemente spostando dalla spesa militare il 30% delle risorse. Un atto di una banalità mortificante che, ad oggi, nessuno percorre ma, al contrario, muove in direzione opposta. Governo attuale compreso.Fatto ciò occorrerà, poi, portare fuori la politica dagli ospedali e dalle ASP, bonificare le scelte dei direttori sanitari, dei primari e della miriade d’incarichi dall’influenza politica per affidarsi alla competenza ed alle capacità degli operatori, occorrerà scegliere e difendere in maniera forte e decisa la prevalenza del pubblico rispetto al privato e arginare le pressioni che il sistema delle assicurazioni private esercita sulla sanità. Ed in particolare questo sarà un terreno di scontro scivoloso che rischia di divedere ulteriormente il Paese in ricchi e poveri, palesando un sistema sanitario sempre più simile a quello americano. E’ una discussione tutta in termini di lungo tempo e su cui occorre fermezza e che non può accontentarsi di pezze e rassicurazioni deboli. Servono scelte coraggiose e nette che non competono, purtroppo, solo alla nostra piccola parte di mondo. Ed occorre, in tutti noi, consapevolezza di questo. Nella sua semplicità e nella sua drammaticità.
Alberto Laise Assemblea Nazionale di Sinistra Italiana