Lunedì scorso la Corte di Appello di Catanzaro mi ha nuovamente assolto rigettando l’appello proposto dalla parte civile Ritrovato Salvatore, che è stato invece condannato a pagare le spese del procedimento.
E’ il quarto verdetto assolutorio che la magistratura emette nei miei confronti. Quattro assoluzioni contro zero condanne. Sono stato assolto dal tribunale di Rossano il 14 maggio 2012, dal tribunale di Cosenza il 18 aprile 2016, prosciolto dal tribunale di Catanzaro il 13 luglio 2016 ed infine dalla Corte di Appello di Catanzaro lo scorso 2 luglio. Tutte originate da querele sporte dal Ritrovato Salvatore nei miei confronti e solo per aver denunciato pubblicamente problemi di malasanità nell’interesse della collettività. Ringrazio l’avvocato Antonio Pucci per la professionalità con la quale mi ha difeso in queste vicende processuali che sono state per me un vero calvario giudiziario, specie perché sono sempre stato fermamente convinto che non è mai reato battersi per la collettività e per il sacrosanto diritto di tutti i cittadini ad una sanità che funzioni e che sia al servizio dei contribuenti. Il presidio ospedaliero di Corigliano rappresenterà sempre il vessillo che guiderà l’azione del movimento Centro Storico per non morire che continuerà a denunciare tutti gli abusi e gli illeciti da qualunque parte provengano. Nell’ultima vicenda giudicata dalla Corte di Appello di Catanzaro avevo denunciato che vi erano medici che erano assenti dall’ospedale di Corigliano per malattia ma che contemporaneamente prestavano servizio altrove. Avevo chiesto pubblicamente lumi sulle decisioni assunte dalla Azienda Sanitaria verso quei medici accusati di truffa nei confronti dell’azienda stessa. Avevo denunciato una serie di situazioni poco chiare al solo scopo di tutelare il glorioso ospedale Guido Compagna di Corigliano. Per questa mia incessante opera mi hanno costretto a subire processi con la accuse più varie: dalla diffamazione alla violazione di sistemi informatici!!! Per fortuna, però, la Giustizia esiste ed ha saputo dichiarare la mia sofferta innocenza.