La città di Corigliano-Rossano il prossimo 18 maggio ricorderà uno dei suoi figli più illustri: il prof. Giorgio Otranto scomparso lo scorso 5 gennaio a Bari all’età di 82 anni. Il suo vasto, immenso, prezioso e competente lavoro culturale ha fatto si che subito dopo la sua scomparsa diversi sono stati i momenti di confronto e di dibattito per ricordare la sua figura.
Di recente, esattamente lo scorso 6 maggio nella cittadina foggiana di Monte Sant’Angelo, la locale amministrazione comunale ha voluto ricordare la figura del prof. Otranto. Sul sito del comune di Monte Sant’Angelo, a tal proposito si legge: “Nel pomeriggio (il 6 maggio ndr) alle ore 17, presso il Centro Studi micaelici e garganici dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro si è tenuta una giornata di studio in ricordo di Giorgio Otranto, professore emerito dell’Università di Bari, durante la quale è stata a lui intitolato il Centro di Studi Micaelici e Garganici, sezione staccata del Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica. Il Centro, da lui fondato a Monte Sant’Angelo nel 1995, è divenuto punto di riferimento per gli studiosi della santità nel medioevo: le numerose e feconde ricerche condotte, nel corso del tempo, hanno contribuito a gettare luce sui molteplici aspetti del fenomeno santuariale e della diffusione del culto micaelico dal Gargano all’Europa. “Tanto il professore Giorgio Otranto ha fatto con passione e generosa disponibilità per la nostra Città, portandola ad ottenere grande notorietà e visibilità nei contesti più diversi, nazionali e internazionali, fino all’ambito riconoscimento di Città iscritta nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità (UNESCO)” - ha dichiarato la professoressa Immacolata Aulisa, oggi direttrice del Centro”. Ora tocca alla “sua” Corigliano, verso la quale il prof. Otranto ha sempre nutrito un rapporto filiale. Anche se il lavoro di appassionato ricercatore gli concedeva poco tempo allo svago, il professore comunque riusciva ritagliarsi qualche giorno nel corso dell’anno per venire a “ritemprarsi” qui nella “magnifica e unica” terra di Calabria. Il programma dell’incontro del prossimo 18 maggio alle 17.30 presso la sala “Enzo Viteritti” della Biblioteca Francesco Pometti a Corigliano, dal titolo “La figura di Giorgio Otranto tra passato e presente. Uomo, docente, cittadino illustre”, prevede i saluti del sindaco Flavio Stasi e del vescovo Maurizio Aloise. Toccherà poi al prof. Giulio Iudicissa, studioso, ricercatore e amico personale dello scomparso ricordare Giorgio Otranto. La professoressa Emanuela Prinzivalli, professore ordinario di Storia del cristianesimo e delle Chiese presso l’Università “La Sapienza” di Roma, terrà la relazione sul tema: “Migrazioni di popoli e itinerari religiosi alle origini dell’Europa: Giorgio Otranto, tra storia e impegno civile”. Le conclusioni saranno affidate all’assessore alla Cultura Alessia Alboresi.
Anche se abbiamo già avuto modo di scrivere sulla figura del prof. Otranto, ci sembra quanto mai opportuno riportare qui un ricordo del ricercatore-studioso calabro-pugliese, scritto da un suo ex allievo, Gaetano Colantuono, sulle pagine del quotidiano pugliese “La Gazzetta del Mezzogiorno” nel giorno dei suoi funerali. “Per chi ha avuto modo di conoscere Giorgio Otranto (nato a Corigliano Calabro nel 1940) sul piano non solo accademico ma umano, la notizia del suo ritorno alla «Casa del Padre» appare un ossimoro inammissibile: la sua vitalità, la laboriosità, finanche i suoi tratti burberi - che noi associavamo ironicamente alle origini calabresi – sono incompatibili con l’idea che lui non ci sia più. Un episodio di circa 18 anni fa basterà a testimoniare questo aspetto: camminavamo lungo via Sparano facendo la consueta spola fra i suoi due ruoli, docente e in fondo dominus del Dipartimento di Studi Classici e Cristiani nel cuore del Borgo Antico e il prorettorato in Ateneo. Un signore cantava ad un angolo della strada e lui che in un momento di espansività mi ricordava una discussione avuta col sodale e collega Carlo Carletti (epigrafista di rango, scomparso proprio un anno fa): «Giorgio, ci pensi alla morte ogni tanto?»; «Carlo, quante volte te lo devo dire: non ho tempo per pensare a certe cose». Eh, sì. Chi ha avuto la ventura di lavorare accanto a lui e per giunta starci vicino, conoscendo senza mediazioni i suoi tratti caratteriali, sa che il professor Otranto non ha voluto perdersi in pensieri che non fossero lavoro, sostanziato da studi, contatti, organizzazione di convegni e seminari, attività accademica e anche un breve periodo di attività politica a Bari come consigliere comunale di minoranza in quota Partito Popolare. Eppure le sue origini non avrebbero lasciato presagire il suo cursus honorum: proveniente da una famiglia non ricca, il padre un sarto, dalla Calabria si era trasferito a Bari per iscriversi alla facoltà di Lettere Classiche. Si era laureato con una tesi in Storia del cristianesimo col famoso docente e senatore comunista Ambrogio Donini su un autore greco delle origini, Giustino, con buoni voti. Tuttavia Donini, isolato nel mondo accademico barese, non poteva dargli alcuna prospettiva di carriera: al giovane Otranto che andò a trovarlo per chiedergli qualche indicazione sul futuro Donini poté solo consegnare una penna rossa affinché lo aiutasse a correggere le tante tesi in sospeso. Fu allora che Otranto si legò ad un altro docente di storia del cristianesimo (di ben altra tempra accademica!) presso la facoltà di Magistero, Antonio Quacquarelli, a cui egli deve le prime tappe del suo curriculum. In quegli anni Settanta si formò un gruppo di docenti presso la prima sede nei locali attigui alla chiesa di san Giacomo. Alcuni di questi hanno inciso profondamente nella storiografia: si pensi alla storica dell’arte Pina Belli d’Elia, al romanista Francesco Grelle, mentre gli storici del cristianesimo (Otranto, Carletti, D’Angela, Pavan, Girardi, Colafemmina) componevano la redazione della rivista «Vetera Christianorum», una delle principali nel panorama specialistico internazionale, tra poco giunta al suo sessantesimo anno. Decisivo fu il lungo sodalizio col principale studioso di letteratura e storia delle origini cristiane, Manlio Simonetti, e con i suoi allievi romani. Il successivo Dipartimento di Studi Classici e Cristiani, presso l’ex sito di Santa Teresa dei Maschi, può di fatto essere considerato una creatura dell’Otranto, destinato a divenire, sotto la sua guida non priva di elementi ora carismatici ora tirannici, unanimemente un centro di eccellenza negli studi per la tarda antichità e per i primi secoli del cristianesimo. Qui si alterneranno, in un ritmo a tratti troppo elevato, pubblicazioni, convegni, seminari, progetti, mostre. E non solo nella sede barese ma anche altrove con i seminari a Trani e Monte Sant’Angelo (di cui ricevette la cittadinanza onoraria), gli inviti all’estero fra Stati Uniti, Francia e Argentina ma anche le conferenze in piccoli comuni della sua regione di adozione. Solo persone in malafede potrebbero vedere nella sua vulcanica attività una figura di mero organizzatore culturale. Niente di più inadeguato: il suo lascito storiografico è enorme per dimensioni, incisivo per qualità, aperto a futuri sviluppi. Riprendendo la fertile lezione del monsignore faentino Francesco Lanzoni agli inizi del secolo, a Otranto e ai suoi allievi si deve una decisiva, anzi definitiva, revisione della storia del primo cristianesimo nell’intera Italia centro-meridionale fino al tempo di papa Gregorio Magno (590-604). Tutti i temi da lui trattati hanno avuto uno svolgimento specialistico che mancava negli studi: si rileggano così i ripetuti lavori sul culto di San Michele Arcangelo, sui santuari e sui pellegrinaggi, sull’agiografia fino ad arrivare ad una enciclopedia mariana. Una nota personale infine: l’incompatibilità di carattere che periodicamente esplodeva fra noi durante la mia fase di apprendistato storiografico ci allontanò per un pezzo ma la stima si mantenne. Ora che il professore non c’è più, mi è grato dichiararmi suo allievo ribelle, scismatico forse ma mai eretico”.