di Giacinto De Pasquale
26 novembre 1949 – 26 novembre 2024, 75 anni di vita della Parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Corigliano Centro. Per questo particolare anniversario quella comunità parrocchiale ha varato tutta una serie di iniziative dal 20 novembre al 6 dicembre.
Sulla storia della chiesa di Sant'Antonio, sulla sua evoluzione, e sulla elevazione a parrocchia vi proponiamo in interessante scritto della studiosa di storia locale, Teresa Gravina Canadè, scritto tratto dal libro "Le Chiese raccontano" Rubbettino editore del 1995.
6 . La chiesa di Sant'Antonio e il secondo convento dei Francescani d'Assisi
Fu costruita, con l'attiguo convento, dopo il 1459 dal Principe di Bisignano Luca Sanseverino, allora Conte di Corigliano. Egli diede i due edifici ai frati Minori Conventuali di S. Francesco d'Assisi, per riceverne in permuta il loro convento del Pendino, che trasformò in sua residenza rurale. E' probabile che il complesso sia sorto sul sostrato di un più antico luogo di culto, come evidenzieremo trattando della Cappella Abenante.
Finché furono posseduti da questi Francescani, gli edifici cultuali vennero sempre indicati come <<chiesa e monastero di S. Francesco d 'Assisi >>; ma già nel Seicento appare in vari documenti l'indicazione di <<chiesa di Sant'Antonio >>, probabilmente perché il santo di Padova, veneratissimo in questa chiesa, dove aveva sempre avuto un altare a Lui consacrato, già nel secolo precedente era stato eletto <<Celeste Patrono Principale di Corigliano >> (1645 e 1646) al posto di S. Francesco di Paola, che lo era già divenuto dal 1598. Nel 1633 al convento fu annesso il Noviziato. I beni del convento erano molti, anche se nei secoli mutarono per vendite, permute e questioni con fittavoli e limitrofi: ricordiamo le case possedute in paese, le terre aratorie o ulivetate o boscose o coltivate a vigna, site in territorio coriglianese a Pandello, al Salicetto, a Santa Domenica, a Berlìa e i fondi detti <<Malbrancati>> e <<Frasso>>. Le rendite di queste proprietà consentirono ai frati di apportare notevoli miglioramenti alla chiesa, che nel Cinquecento aveva subìto danni per il crollo parziale del tetto e per un incendio. Il restauro degli anni 1740-1742 diede alla chiesa la struttura che ancora oggi vediamo, la arricchì di marmi, di un nuovo prospetto, della cupola maiolicata sulla crociera, delle semicupolette sulle cappelle laterali. L'originario pavimento in cotto fu allora sostituito con piastrelle marmoree trapezoidali, bianche e grigie scure, che, accostate lungo le basi maggiori, formavano un tappeto di esagoni bicolori. Al centro della navata una lastra rettangolare di marmo bianco, grande 167 cm x 95 e intarsiata a motivi nastriformi e floreali, racchiudeva nella parte superiore una cartella con due braccia incrociate: l'emblema dei Frati Minori, che più volte ritorna nell'arredo della stessa chiesa. Questo bel pavimento nel 1980 fu sostituito con l'attuale, in granito rosa. Furono in quell'occasione rinvenute sotto le sei cappelle laterali e sotto l'altare maggiore delle antiche tombe a volta in mattoni. Il decreto di soppressione del 7-VIII-1809 espulse i Conventuali da Corigliano. Il convento era allora abitato da nove frati sacerdoti e da cinque laici. I beni, secondi solo a quelli dei Paolotti, ammontavano a ben 1.500 ducati. Solo dieci anni dopo, con decreto del 9-VIII- 1819, il convento fu ripristinato con i Padri Missionari del Redentore o Redentoristi, ma ancora più noti come Liguorini. Essi denominarono il convento <<Casa del 55. Redentore >> e lo arricchirono di pregevoli mobili in noce, essendoci fra loro dei bravi <<mastri d'ascia>>, alla cui scuola si educarono diversi giovani, che ne appresero l'arte con lodevoli risultati. L'Amato descrive la bella libreria posseduta da questo convento e la ricchezza dei testi sacri in essa contenuti. Nel 1863 vi furono trasferiti i preziosi manoscritti e i cinquecentini del soppresso convento coriglianese dei Cappuccini, assegnati negli ultimi decenni alla Biblioteca Civica, ma in buona parte già trafugati. Nel 1854 i Liguorini vendettero per 1.275 lire al Vescovo di Cariati, Mons. Nicola Golia, l'artistico coro in noce scolpito con maestria da GIROLAMO FRANCESCHI, che lo datò 1755-1759 e lo firmò. Per tale vendita i frati furono accusati di leggerezza e di avidità o furono scusati, dicendo che essi avevano bisogno di denaro, per rinforzare un muro pericolante del convento e per completare il prospetto della chiesa. Essi inoltre non utilizzavano il coro, non essendo legati alla salmodia. Certo è che l’affare si concluse con l'approvazione dei Superiori, ma gettò cattiva luce solo sui Liguorini, sempre malvisti, prima e dopo l'Unità d'Italia, perché sospettati di trame reazionarie, di stretti legami con i filoborbonici, di opposizione ai disegni risorgimentali e, pertanto, spesso sottoposti a continue e documentate perquisizioni e talora a vere e proprie persecuzioni, nello spirito anticlericale del tempo, generato dalla <<Questione Romana>>. Nel <<Libro dei Morti >> di S. Maria Maggiore, anni 1867-1893, in data 24-1-1885 si legge di un tale coriglianese che nel 1860 si era <<presentato>> con altri individui al <<convento dei Liguorini detto S. Antonio e per primo, bestemmiando e urlando, tirò un calcio alla porta della chiesa>> e ne rimase <<azzoppato>> per sempre. Il gesto sacrilego dovette colpire l'Arciprete di S. Maria, che, nelle sue note, attribuisce ad una giusta punizione divina sia l'<<azzoppamento>> (<<il piede gli rimase come quello di un mulo>>), sia le disavventure che capitarono in seguito a quel disgraziato, morto poi in miseria. Una seconda e definitiva soppressione espulse nel 1862 da questi luoghi i Liguorini, i cui beni furono devoluti alla Cassa Ecclesiastica. Lo <<stato dei fondi rustici>> siti in territorio coriglianese consisteva allora in terre seminatorie o boscose o olivetate a S. Stefano, ad Acqua Mortella, alle Valli; in un vigneto a Pometo; in terre da cui si otteneva <<linazza, bambaceria e radice di liquerizia>> a Brangella, Mortaviva, Pataro, Patarello, Cino, Specchiale, Precacore, Fontanella Soprana e Sottana, Cannata, Fossabruno e Sammarco. Tutte le olive di questi fondi dovevano essere trasportate al <<trappeto>> appartenuto ai Liguorini, sito nell'abitato, <<in strada Pizzillo>>. Questi beni continuarono ad essere dati in fitto, secondo l'uso già praticato dai frati. I due edifici cultuali, invece, passarono al Comune, che curò sempre la nomina di un Rettore per la chiesa, spesso in lite, per questa scelta, con la Curia di Rossano, mentre, dopo varie proposte e polemiche, adibì dal 1865 i locali dell'ex convento a <<Collegio-Ginnasio >>, intitolato nel 1866 al poeta-arciprete GIROLAMO GAROPOLÌ (1606-1678) . Solo nel 1949 l'Arcivescovo G. Rizzo decise di trasferire in S. Antonio l'antichissima parrocchia di S. Luca, che era divenuta filiale di Santa Maria Maggiore. Furono allora mutati i confini territoriali di queste due chiese e fu affidata la nuova Parrocchia di <<San Luca Evangelista in Sant'Antonio >> al Parroco Fondatore Mons. Luigi Gravina, ricordato nella lapide della vecchia sagrestia. A lui, che l'avviò ad essere un notevole centro di attività religiose e sociali nel difficile periodo del dopoguerra, successe nel 1967 Mons. Antonio Ciliberti, che resse la chiesa sino al 1988, quando fu eletto Vescovo di Locri-Gerace. Vari i lavori di restauro a cura del parroco e della Sovrintendenza negli anni 1976-1980. Fu creata la Casa Canonica, con locali adibiti a Centro Culturale oltre che ai servizi pastorali. Nacque la nuova sagrestia e furono, purtroppo, venduti gli antichi mobili che arredavano la vecchia, per essere sostituiti con un nuovo arredo. Al nuovo intelligente e preparato parroco, sac. Angelo Pisani, rimane l'arduo compito di reperire i fondi, per completare i necessari lavori di restauro. Una visita attenta alla chiesa ci porta ad osservare la luminosa facciata a due piani, raccordati da volute, suddivisi da snelle paraste con capitelli corinzi e arricchiti da quattro nicchie, dove non sono state ancora (1994 !) collocate le statue per le quali erano state create nel Settecento. Nel 1982 è stata arricchita dal por tale bronzeo, realizzato in due pezzi unici di 3,96 m x 2,42 , dal pitto-scultore coriglianese CARMINE CIANCI (n. 1952), allievo della scuola napoletana di Augusto Perez. Svolgendo il tema del mistero dell'Uomo-Dio, l'artista ha scolpito il Cristo nella Sua gloria e insieme nella Sua dolente umanità, nell'ansia di purificazione della Sua Chiesa e nella quotidiana realtà di due paesaggi coriglianesi. L'ampio e arioso interno ha pianta a croce latina. L'unica navata ha, sull'atrio d'ingresso, una spaziosa cantoria , costruita nel 1740 su due colonne e dotata di un settecentesco organo , pregevole opera del napoletano FILIPPO BASILE , impreziosito da una maestosa cassa di risonanza in legno policromo, scolpito e decorato con arte. Nel 1983 l'organo è stato restaurato, ma la parzialità di quel ripristino rende necessari ulteriori e più significativi interventi di recupero complessivo. Sui primi pilastri della navata furono collocate le due pile dell'acqua santa, alte 140 cm, realizzate nel 1741 in marmo policromo, fantasiosamente intarsiato. Spicca sulla conca lo stemma dei Minori Francescani, le due braccia incrociate su una Croce di marmo bianco, un motivo ricorrente nelle opere f atte eseguire da questi frati, come abbiamo già detto. La navata ha il cielo a volta, decorato con stucchi, che racchiudono nel centro, in ovale, <<L' estasi di S. Antonio >>, dipinto datato 1740, eseguito da SEVERINO FERRARI, pittore meridionale di scuola napoletana. Fiancheggiano lateralmente la navata sei cappelle sfondate , che mutarono nei secoli struttura e denominazione, come apprendiamo da documenti privati, citati in bibliografia.
Teresa Gravina Canadè