di Salvatore Martino
Finalmente, è il giorno dell’Achiropita! La festa tanto attesa da tutto un anno che, con la sua preziosa icona, ripropone l’immagine e la storia della nostra comunità, interamente legata a Lei, e intimamente ancorata dalla Sua presenza.
Una festa, quella di oggi, che ci invita a riflettere sulle nostre origini e sulle nostre radici, intrecciate con l’Oriente e le sue tradizioni. Infatti, è lì che nasce la storia della nostra chiesa Cattedrale. È da lì che proviene il prezioso Codex Purpureo; ed è proprio in quella direzione che dovremmo tornare a guardare per recuperare alcuni aspetti importanti della nostra fede e della nostra tradizione che, nel corso del tempo, abbiamo un po’ smarrito: il senso del mistero, la presenza dello Spirito, il silenzio, la contemplazione, l’ascolto. Recuperare questi aspetti ci aiuterebbe a far memoria del nostro passato, della nostra storia, e a comprendere questo complicato presente.
Inoltre, ci consentirebbe di affrontare le sfide di questa società secolarizzata, che fa dell’individualismo, del potere, e del denaro, cinicamente, i suoi punti di forza. Guardare all’Achiropita, allora, vuol dire recuperare il senso profondo della nostra fede, vuol dire muoverci con credibilità in mezzo a questa umanità confusa, che ha bisogno di ritrovare se stessa e, soprattutto, necessita di recuperare i veri parametri della speranza.
Certo, non bastano le pratiche religiose, le buone intenzioni, le belle parole. Non serve neppure, come capita sempre più spesso di constatare, una Chiesa accondiscendente, compatibile col mondo, che non riesce più a far sentire, risoluta, la voce del Vangelo. Ci vuole molto di più. Occorre ridare spazio allo Spirito e tornare ad essere uomini di Dio, come lo erano i primi credenti di questo territorio che, per primi, tra eremi, grotte, digiuni, e preghiere, impararono a riconoscere e a venerare la sacra icona della Vergine Achiropita.