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di Salvatore Martino
Il venerdì santo è una giornata difficile, non solo per il credente. Ciò che viene celebrato e ricordato in questa circostanza è un mistero che ha troppo a che fare con la sofferenza e col dolore, e, in una società edulcorata e piena di ipocrisie come la nostra, accennare, anche solo dal punto di vista del ricordo, alla sofferenza estrema, come quella che ha dovuto subire Gesù Cristo sulla propria pelle, appeso ad una croce, non è per niente facile e crea molto imbarazzo.
Allora, non ci rimane che cercare di cogliere il senso degli eventi liturgici che si succederanno nel corso della giornata, e lasciarci, per quanto possibile, toccare o, almeno, sfiorare da questo mistero che ha a che fare con la morte del Figlio di Dio.
Cercare di comprendere fino in fondo il sacrificio che Cristo ha compiuto per la salvezza dell’umanità può servirci a capire, anche prescindendo dalla fede, che noi uomini un problema ce lo abbiamo, e riguarda la tanta sofferenza che, grazie alla nostra indifferenza, viene sparsa, ogni giorno, nel mondo, soprattutto in quei luoghi laddove, per motivi ignoti ai più, uomini vengono costretti a combattere o a lasciar morire altri uomini.