di Giuseppe Sammarro*
Caro direttore con l’arrivo del nuovo anno molti di noi fanno una retrospettiva su tutto quello che è accaduto nell’anno appena trascorso.
Un anno, il 2022, segnato da pandemie, guerra nel cuore della nostra casa comune, con il suo carico di sofferenze, morte e distruzioni. Morti di innocenti nel mare nostrum, che fuggono da carestie, guerre e dittature. Crisi globali e catastrofi climatiche. Insomma un “annus horribilis” direbbero i latini. Tutti, comunque, ci auguriamo che il 2023, appena iniziato, possa essere un “annus mirabilis”. Certo che eventi di tale portata, come in sintesi appena esposti, sono la conseguenza di dinamiche e decisioni complesse di ordine mondiale, spesso incomprensibili che incidono nella vita di ognuno di noi. La nostra città non è stata risparmiata, in parte direttamente e in parte indirettamente dalle conseguenze che essi hanno prodotto. Dalla notte dei tempi gli umani difronte a cambiamenti epocali che minano certezze e consuetudini, hanno cercato è trovato nuovi orizzonti e raggiunte nuove frontiere. La consapevolezza di questo mi porta a volgere lo sguardo a quello che avviene nel mio condominio, quello che vedo non è molto confortevole. La nostra città allo stato attuale, frutto di una legge regionale segnata da storture e forzature “vedi modifica del quorum in corsa di approvazione”, e fortemente spinta da interessi particolari facendo leva fondamentalmente su due fattori: da una parte la falsa promessa della riapertura del Tribunale, e sulla fallimentare gestione dell’ultima amministrazione di Corigliano. Queste premesse hanno fortemente condizionato il confronto tra le fazioni contrapposte, sorde alle motivazioni degli altri. Non un confronto alla ricerca del bene comune in una visione alta di coesione culturale e sociale. Al dialogo si è sostituito lo scontro che alla fine ha acuito vecchi rancori e diffidenze, producendone di nuovi. Alla stragrande maggioranza dei cittadini sono venuti a mancare i più elementari presupposti, al fine della formazione di una opinione sulle conseguenze che la fusione avrebbe comportato. Dunque tutto e presto che è degenerato in uno scontro ideologico, caratterizzato da chi, colpevolmente, dipingeva la fusione come la panacea che avrebbe risolto gli atavici problemi e le arretratezze dei due comuni, e chi chiedeva con razionalità, tempo e approfondimento, per un cambiamento così impegnativo. Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti, e la domanda da porsi è: dato il punto di partenza, oggi il risultato sarebbe potuto essere diverso? Questa domanda potrebbe essere mera retorica se non esaminiamo alcuni fattori. Il risultato delle elezioni conseguenti alla fusione ha sancito definitivamente il declino delle forze politiche che avevano, con alternanza, governato i due ex comuni; tra i tre competitori che sono scesi in campo è prevalsa la coalizione civica che sosteneva l’attuale sindaco, il quale si era presentato con varie liste civiche, all’interno delle quali, però, si notava una forte componente delle vecchie forze politiche. Il candidato pur in assenza di un programma strutturato, è riuscito nelle piazze a passare come il nuovo che avanzava, l’innovatore che avrebbe finalmente spazzato via il vecchio marciume che aveva impedito la crescita complessiva dei due ormai ex comuni. (Fa impressione riascoltare i suoi comizi di allora impregnati di mero populismo). Tirando le somme, a distanza di quasi un anno e mezzo dalla fine del mandato, troviamo una città priva di qualsiasi ruolo decisivo nello scacchiere delle politiche regionali e nazionali, rinunciando, di fatto e colpevolmente, al ruolo guida del vasto e produttivo comprensorio della piana, avendo un sindaco arroccato con la propria giunta nel palazzo e sordo alle istanze del territorio. Questa sua incompetenza amministrativa e mancanza progettuale sono abbastanza evidenti, ed è in questa “direzione” che il primo cittadino ha profuso ogni sforzo nel promuovere, non la città come gli impone il mandato ricevuto, bensì se stesso. Con vari tentativi, miseramente falliti, nel trovare uno sbocco istituzionale in altri ruoli, peraltro bussando spregiudicatamente a tutti i conventi. Il sindaco pur consapevole che la legge elettorale con l’elezione diretta e il premio di maggioranza, di fatto, rende il ruolo dell’opposizione debole, non è comunque riuscito ad annullarla del tutto. Ho sempre pensato, che una opposizione così frammentata e disomogenea rappresentasse un problema in più. Ecco perché per me era necessario, tra le forze di opposizione, la creazione di un coordinamento tra i vari gruppi, proprio per dare ad essa forza e sostanza, non solo nel *contrastare l’operato del governo cittadino, ma ancor di più per imporre nel dibattito consiliare e nell’opinione pubblica una visione e una progettualità alternativa. Un compito non facile certo, proprio perché vi era la necessità per realizzare una tale convergenza la necessaria maturità politica e la consapevolezza della posta in gioco. Due fattori che avrebbero potuto favorire tale percorso dovevano essere la presenza di Gino Promenzio forte dei suoi 12000 voti, il quale avrebbe dovuto assumere il ruolo di promotore di azioni coordinate, e la defenestrazione da parte di Stasi del vicesindaco e del suo gruppo. Una opportunità storica se fosse stata colta, che con una cittadinanza attivamente coinvolta spostava il rapporto di forza tra maggioranza e opposizione su un altro livello. Purtroppo non è andato così, resta se si vuole ancora tempo per rimediare. L’altro aspetto è una città ancora più divisa è da qui che nasce, a mio parere, l’iniziativa legittima della raccolta delle firme per promuovere una nuova consultazione referendaria. Ed è qui, che chi ha promosso in Consiglio regionale la legge costitutiva della fusione, per opportunità politica e personale, è lo stesso che dopo avere perso le elezioni al ballottaggio contro Stasi, non ha più mosso un dito nel contribuire a realizzare un favorevole percorso di integrazione. Invece, costui, con la complicità del Consiglio regionale lo scorso 22 dicembre, ha posto in essere un autentico colpo di mano infilando un emendamento, in un provvedimento di carattere finanziario, che mette una pietra tombale all’iniziativa popolare per un nuovo referendum. Ora è arrivato il momento di fare un importante e decisivo passo in avanti, lasciandoci definitivamente alle spalle recriminazioni e lamentele. La fusione è realtà, la città è una, si deve superare con decisione e convinzione la diatriba della Rossano piglia tutto e della Corigliano che sa solo piangersi addosso. Stiamo perdendo tutti. A Stasi ha fatto comodo alimentare le divisioni per nascondere l'inconcludenza della sua amministrazione. C’è bisogno di una radicale presa di coscienza abbandonando sterili partigianerie per ricercare punti di convergenze. Non è più tempo di deroghe. La parte sana della città, il mondo della cultura, l’associazionismo, i rappresentanti di categoria, in primis i sindacati, finora colpevolmente silenti dovranno avviare un percorso di confronto teso a ridisegnare la città, cosciente delle sue forze e potenzialità, dalle sue produzioni di eccellenza, dal turismo, e dalla cultura. Facendo sinergia con altri centri come Cassano e non solo. Una città capofila aperta e inclusiva. Buttare il cuore oltre l’ostacolo, partendo da ciò che ci unisce scevri da rivalse e diffidenze. Avere, quindi, l’ambizione e l’orgoglio di mettersi in gioco perché lo dobbiamo alle ragazze e ai ragazzi che, prima o poi, ci chiederanno il conto. E in ultima istanza a noi stessi.
*Guseppe Sammarro Ex Responsabile Camera del lavoro Cgil Corigliano