di Salvatore Martino
Più passa il tempo, e più i numeri della pandemia ci dicono che siamo ancora molto lontani dalla fine di questa terribile esperienza.
In questi mesi, avevamo sperato nella individuazione di qualche farmaco capace di curare il contagio, ma siamo stati smentiti dal numero dei ricoveri che, risulta ancora molto alto, tanto da causare, un po’ ovunque, l’interruzione della cura di altre patologie importanti, per dare spazio agli ammalati di coronavirus. Nei mesi scorsi, era stato anche detto che si era, ormai, in grado di impedire il ricorso alle intubazioni e alle terapie intensive, ma ci troviamo, di nuovo, con quelle strutture vicine al collasso. Nel frattempo, il numero dei morti continua a crescere in misura impressionante, e del vaccino sappiamo solo che ci vorranno dei mesi prima che venga somministrato. Tutto questo, tradotto in parole semplici, significa che la fine di questo incubo continua ad essere ancora abbastanza lontano, con conseguenze che potrebbero essere ancora più letali su tutta la comunità. Nel frattempo, considerato che ci troviamo nella imminenza della celebrazione del Natale, e che questa festa continua ad avere un significato importante anche per coloro che sono lontani dalla pratica religiosa, c’è una cosa che potrebbe avere un effetto più o meno immediato su questa tragedia, e potrebbe essere costituita da quella pagina del Vangelo che parla, a proposito della nascita del Messia, di “conversione del cuore”. Sì, proprio così, la cura più immediata, che potrebbe produrre più senso di responsabilità, più umanità, più solidarietà, più apertura verso gli altri e, quindi, ridurre o bloccare addirittura gli effetti devastanti del coronavirus, potrebbe essere davvero quella di una rivoluzione interiore, che ci consentirebbe di aprire gli occhi su quanto sta accadendo in una maniera più sincera e disincantata.