di Salvatore Martino
Ieri, se n’è andato Sergio Zavoli uno dei più grandi e talentuosi giornalisti italiani. Un uomo di grande levatura e cultura, un intellettuale raffinato, uno scrittore e poeta.
Un giornalista che per decenni ha saputo raccontare e descrivere la vita e la storia del nostro Paese con grande onestà, senza soffiare mai sul fuoco della polemica, o tentare strumentalizzazioni di sorta. Un cercatore di verità profonde e nascoste, uno che non dava mai niente per scontato, perché il suo compito era quello di consegnare la verità alla gente.
Uno stile, quello di Zavoli, lontanissimo dal giornalismo prezzolato e indecente che, negli ultimi anni, ha inquinato e squalificato la tv e i mezzi di comunicazione. Autore di trasmissioni e di inchieste coraggiose e di successo, che hanno avuto l’unico intento di fare emergere la verità, qualunque essa fosse. Un democratico convinto; ha, infatti, usato l’informazione per far crescere il Paese, e non per spostare il consenso verso partiti o centrali di potere compiacenti.
Con lui scompare uno stile giornalistico che le giovani generazioni non hanno mai conosciuto, improntato ad una concezione etica, professionale e spirituale molto alta. Occorre ricordare che Sergio Zavoli smise di lavorare in televisione nel momento in cui essa cessò di essere uno strumento di informazione, e cominciò a diventare altro.
Appassionato di politica, di cultura e di sport, in particolare di ciclismo, pose sempre l’uomo al centro del suo impegno e della sua ricerca culturale e sociale.