di Giuseppe Franzè

Nel 1465, il  Conte di Corigliano e Principe di Bisignano, Luca Sanseverino, concordò con i Frati Conventuali il loro trasferimento da Pendino in una nuova struttura conventuale in pietra e legno, in cambio del loro vecchio monastero.

L’accordo fu presto formalizzato, i Conventuali si spostarono nel nuovo convento a fianco della Chiesa di S. Francesco d’Assisi, che poi, divenne la chiesa di S. Antonio di Padova. Attorno al 1819 si stabilirono in questo convento i Liguorini, o Redentoristi, monaci molto intraprendenti e determinati, con una spiccata vocazione più affaristica che pastorale. Fanatici filoborbonici e spesso collusi col brigantaggio locale, nel 1854 accentuarono il loro calo di prestigio con la vendita dello stupendo Coro in legno massiccio della Chiesa di S. Antonio, realizzato nel 1700 dal maestro L. Franceschi, al Vescovo di Cariati, Mons. Golia. (Quando nel 1863 fu affidata ai Liguorini la prestigiosa libreria dei Cappuccini, affiorarono molte diffidenze. I timori si rivelarono fondati e le rimostranze furono espresse, anche in data 5 maggio 1865, quando il Ricevitore del Registro denunciò a Padre Antonio Sileo dei Liguorini la scomparsa di parecchi volumi). Già nei 1861, in seguito ad una massiccia proliferazione di lettere anonime, il Convento era stato sottoposto ad accurate perquisizioni, alla ricerca di pericolosi latitanti della banda del brigante Straface Palma. Anche nel 1861, i Liguorini, nostalgici incalliti di Casa Borbonica e leaders del movimento clandestino politico ostile all’unificazione d’Italia, furono sottoposti a stressanti interrogatori e scrupolose indagini. Il Sindaco facenti funzioni, dr. Gaetano Gianzi, ingiunse ai Frati di lasciare i locali del Convento, ormai di proprietà municipale, ma loro ottemperarono solo in parte l’ordinanza, perché si ritirarono in poche stanze del pianoterra. Crollati gli oboli e le messe a pagamento, i Liguorini non si sgomentarono ed accentrarono i loro interessi sulle attività economiche rilanciando il vecchio frantoio di loro proprietà, posto nell’antico fabbricato di via Margherita, dove ora sorge il market Sosto. Diffusa la voce che la resa delle olive molite presso questo frantoio era largamente superiore a quella degli altri opifici, grazie alla benevola protezione di S. Antonio, gli affari andarono a gonfie vele. Ma per poco, perché, quando gli olivicoltori si accorsero, invece, che la resa era inferiore, smisero di portare le loro olive. I Frati non si scomposero e numerosi clienti ritornarono, quando parecchi oliveti andare in fiamme., per mano di ignoti briganti.

 

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