di Francesco Caputo
La trasmissione Rai, “Cose Nostre”, ha riportato alla ribalta il caso del piccolo Cocò, il bambino di appena 3 anni ucciso e bruciato a Cassano allo Ionio.
Suo nonno, il boss della droga Giuseppe Iannicelli, lo portava sempre con sé per scoraggiare eventuali sicari. Per questo, Cocò Campolongo, è stato ucciso a colpi di pistola insieme alla compagna di Iannicelli, nella strage di Cassano all’Ionio del 16 gennaio 2014. E’ il 16 gennaio 2014, giorno nerissimo e infausto per questo territorio, giorno in cui hanno ammazzato e bruciato un bambino. Papa Francesco ha subito fatto sentire la sua vicinanza venendo, personalmente, nella piana di Sibari e scomunicando la mafia ed ogni tipo di organizzazione criminale, come non ricordare quelle parole forti del Pontefice. La Calabria, Cassano, la piana di Sibari non è mafia, è fatta di brava gente, di onesti lavoratori, certo esistono i delinquenti, affiliati a clan, che sono solo una piccola parte davanti alla maggior parte della popolazione che rappresenta, orgogliosa, questa terra. Terra che ha bisogno dello Stato, perché quando manca lo Stato le forze criminali hanno più facilità a tessere le loro trame. C’è bisogno del lavoro, di quello pulito, onesto, perché se il lavoro non c’è, è facile, per le forze malavitose, affiliare ragazzi da “lanciare” sul mercato della droga. Cassano, specialmente dal 2004 ( amministrazione On. Gallo)ha mostrato la parte migliore, risollevando l’ente e la collettività mediante la risoluzione di problemi antichi e datati quanto gravosi: su tutti, il dissesto finanziario che attanagliava la città dal 1992. Qualcuno, in questi giorni, ha parlato, forse avrebbe fatto meglio a tacere, perchè bisogna fermarsi e rispettare il dolore, il dolore di una madre, che paga giustamente il suo debito con la giustizia, ma ha perso un figlio e perdere un figlio è un dolore che non si augura nemmeno al peggior nemico. Rispetto per la nostra terra, contro ogni forma di criminalità, Cocò, in fondo, è figlio di tutti!