Di Giacinto De Pasquale

Com’è strana la vita. Cause fortuite ti permettono di reincontrare dopo tempo due nobilissime persone, le quali però nel giro di nove mesi terminano prematuramente il loro cammino terreno.

A gennaio ci lascia Antonietta e ieri Armando. Stiamo parlando dei coniugi Gammetta. Il prof. Armando ieri a 76 anni vinto da un male inesorabile ci ha lasciati, portandosi via quello che di meglio si può pretendere dalla vita: la conoscenza, la cultura, il dialogo, la riflessione, l’ascolto. Perle rare e per questo preziose che il prof. Gammetta incarnava. Prof controcorrente, capace di farti capire perché lui era fuori dagli schemi. Purtroppo non lo abbiamo avuto come professore perché il nostro cammino negli studi è stato diverso, lui docente di italiano e latino presso i licei cittadini, noi, invece, studenti di ragioneria. Ma nonostante ciò spesso abbiamo avuto modo di incontrarci e confrontarci. Parlando con lui ti rendevi subito conto che aveva un bagaglio culturale troppo ampio per potergli stare dietro, però tutto ciò lui non lo faceva pesare. Amava l’incontro, amava il disquisire su tematiche varie, amava confrontarsi, e nonostante l’età avanzata voleva sempre aggiornarsi, capire per poi poter offrire la sua opinione. Con quell’aria sarcastica di chi sa troppe cose e che il più dello volte era costretto ad affrontare a “muso duro” chi non voleva capire che la cultura non era alla sua portata. Professore, politico, scrittore ha sempre profondamente amato Corigliano. Ha cercato di elevare il grado culturale di una città che lo capiva sempre meno, fondando nel 1983 la rivista “La tela del ragno”. Fu una esperienza fantastica ma che, purtroppo, durò solo quattro numeri. A rileggerli oggi a distanza di 34 anni ci si rende conto che Armando Gammetta e chi collaborava con lui erano troppo avanti nell’affrontare tematiche di una certa portata. Adesso che il caro prof. non c’è più rimane dentro di noi il grande rammarico di non essere andato a trovarlo nei mesi successivi alla morte della cara moglie Antonietta. Un’amarezza che ci assale in questi momenti e che, ne siamo certi, ci porteremo dentro per tutta la vita, perché il prof. Armando meritava più di una visita da parte nostra. Non vogliamo andare oltre perché il migliore ricordo del prof. Armando che noi possiamo proporre a tutti voi è l’articolo dicembre 1983 dal titolo “Perché ?” attraverso il quale il prof. Armando Gammetta spiega ai lettori le motivazioni che erano alla base della nascita della Tela del Ragno. 

 

  La tela del ragno

ATTIVITA CULTURALE E LAVORO CRITICO»

 PERCHE’ ?

 Potrei cominciare col dire (ripetere) che gli uomini, senza la cultura, non possono acquisire un'alta scienza e coscienza di sé, della natura e della società in cui vivono; ma, il discorso sarebbe lungo, profondo e rischioso, perché assai complicato. Invece, devo essere breve e chiaro, il più possibile, perché desidero essere inteso bene, e subito. La Piana di Sibari è, naturalmente, forse la più ricca e bella zona della Calabria, ma, culturalmente, è certamente un deserto, anche se qua e là è possibile scorgere qualche segno di vita. Oggi è così, e sarebbe errato gloriarsi passivamente del grande passato culturale. Le voci di certi «amici della cultura» sono in questa terra, antica - sapiente - sventurata come la ruga d'una fronte contadina, voci nel deserto, che sperano di essere udite da qualche carovaniere di passaggio. Ebbene, anche questa speranza è ambigua, equivoca e, comunque, errata: errata, perché la salvezza non può venire dagli altri: siamo noi a doverla costruire, gli altri possono solo aiutarci o sfruttarci; ambigua ed equivoca, perché potrebbe essere speranza di salvezza egoistico-individuale, del singolo caso personale. Al contrario, io parlo evidentemente del progresso di tutta la comunità della Sibaritide. Dunque, la mia non è fra quelle voci. La cultura non è una via per arrivismi, né per raggiungere promozioni sociali; non è nemmeno una semplice preparazione soltanto tecnica per far bene il proprio mestiere o, peggio, per guadagnare e lucrare il più possibile; al contrario, essa è la componente principale dello stesso essere uomini, è la conoscenza critica della intera storia globale degli uomini e del mondo naturale e sociale in cui essi vivono. In fondo, dalla corretta consapevolezza delle condizioni di vita degli uomini, a cominciare da quelle materiali, mi viene la giusta coscienza del mondo. Ecco perché la cultura non può mai essere disgiunta dalla realtà, e riguarda la formazione di tutti gli uomini, in quanto tali, e non solamente dei cosiddetti «intellettuali». Capiamo, quindi, il nesso cultura-realtà, il nesso teoria-prassi: sono nessi dialettici (non meccanici e deterministici), che vanno studiati, essi e le loro forme assunte nelle varie attività, nella loro storicità e socialità con metodologie rigorosamente scientifiche, operanti necessariamente su dati concreti. Ecco che, se si parla di cultura, dico subito: «quale cultura?», se si parla di teoria, critica e metodologia, dico: «quali?». E così dico, quando si parla di giustizia, ordine, libertà. È perfettamente chiaro che la cultura vera, in quanto tale, è naturalmente interna al processo di costruzione di un mondo più giusto, migliore; come dire che la cultura non è neutra, né può vivere, sola e separata, nella sua torre. Proprio questo modo di intendere e fare cultura ritengo necessario particolarmente nella nostra zona (oltre che in generale). Perciò LA TELA DEL RAGNO non propone un «abbracciamoci tutti », ma vuole, anzi, distinguersi da altre attività culturali e lavori critici che si ispirano a visioni diverse; vuole essere polo di attrazione, centro di aggregazione culturale di coloro che si riconoscono (o sono vicini) nell'orientamento generale suddetto. Sì, perché contro questo orientamento (volontariamente o non) c'è ancora tanta «cultura» che si. ostina e si attarda dannosamente in inutili astrattismi, accademismi, sterili e retorici erudizionismi, dogmatismi e pericolosi integralismi, idealismi vecchi e nuovi, e servilismi. Io sono convinto che nei paesi della Piana di Sibari (e dintorni) esistono uomini di cultura certamente validi e spesso più autentici e veri di tanti, che in ambito nazionale sono stati « fabbricati » dagli interessi del potere dominante, confessionale e laico. Però, noi siamo timidi nell'attività culturale e viviamo nell'ombra e nel silenzio (non esagero, se dico che, oltre ad essere ignorati dal resto d'Italia, non ci conosciamo nemmeno fra di noi!). Certo, sappiamo bene le ragioni storiche di ciò. L'isolamento secolare ed il sottosviluppo dei nostri paesi sono tristi limiti, ma possono diventare una forza: proprio dalla nostra peculiarità potrà venire un contributo valido per una ipotesi di nuova cultura e di nuova società. E siccome la salvezza non può venire dall'esterno, ecco che LA TELA DEL RAGNO vuole essere attività culturale e lavoro critico di uomini prevalentemente della Piana di Sibari e dintorni, con qualche intervento non nostrano, ed a più alto livello, che sarà ospitato volentieri, sì, perché attraverso un collegamento con la cultura elaborata altrove vogliamo, tra l'altro, evitare un eventuale rischio di provincialismo. Questo periodico vuole anche valorizzare quei nostri uomini che pensano, vuole spronarli verso una autentica attività culturale, pur nelle precarie condizioni in cui viviamo; verso un lavoro critico metodologicamente coerente e adeguato al nesso dialettico cultura-realtà, teoria-prassi. È questa base fondamentale, culturale e critica, che, insieme con altri fattori, formerà gli uomini nuovi, di cui la Sibaritide e la Calabria hanno bisogno, per elevare la mentalità e la qualità della vita della loro gente. Non dimentichiamo che ogni carenza, specialmente politica, è anche, e forse soprattutto, carenza di cultura, di vera e corretta cultura. Queste cose io le so bene, perché sono un sibarita di Corigliano Calabro, il più grosso paese della provincia (dopo Cosenza) ed il più rappresentativo di una dannata mentalità, purtroppo dominante nella nostra zona: sfrenato individualismo egoistico ed assenza di spirito pubblico-sociale rivelanti una profonda ignoranza che si esercita nell’invidia, nell’ipocrisia, nella “critica” distruttrice d’ogni buona iniziativa e nella idolatria della ricchezza. Questo non è moralismo, proprio perché conosciamo bene e vogliamo contribuire a rimuovere le cause storiche, politiche e culturali responsabili della nostra condizione e di quella mentalità. La Tela Del Ragno pubblica, ovviamente, articoli di cultura, di qualsiasi materia e area cronologica e territoriale, di problemi reali, Questo non è moralismo, proprio perché conosciamo bene e vogliamo contri-buire a rimuovere le.. cause storiche; politiche e culturali responsabili,' della nostra condizione e di quella mentalità. La Tela Del Ragno pubblica, ovviamente, articoli di cultura, di qualsiasi materia e area cronologica e territoriale, di problemi reali, sia locali che nazionali o internazionali; compariranno anche brani di autori. Per ora, il periodico non è specializzato in un dato settore di studio o di problemi d’una circoscritta area territoriale o cronologica … poi si vedrà: è già importante che nella nostra zona ci sia stato questo parto, parto difficile (potete facilmente immaginare le difficoltà incontrate, d’ogni tipo, tutte quante sulle mie modestissime spalle e drammaticamente vissute). Ma, ora il bambino è nato ed ha bisogno di cure, di aiuto, di amore, perché vuole e deve crescere bene: collaborate, in ogni senso; se no, dovrò andare avanti da solo ! Mi auguro che gli articoli pubblicati su La Tela del Ragno, per ora in gran parte forse modesti, abbiano sempre la profondità scientifica e lo spessore culturale o critico desiderati, si, perché noi della Sibaritide vogliamo crescere, e questo periodico documenterà la nostra crescita, se ci sarà, altrimenti documenterà la nostra mediocrità. Bisogna avere il coraggio di correre il rischio. A COSA MI FA PENSARE IL TITOLO “LA TELA DEL RAGNO”: Alla storia globale, che viene fuori dall’estensione dello statuto della storicità a tutti i possibili aspetti della vita degli uomini, dalla rottura della tradizione storiografica elitaria nei vari campi, dall’esigenza di capire il senso generale, profondo, l’insieme delle cose; globalità fondata su metodi e criteri non di arbitrarietà e giustapposizione, ma scientifici e interdisciplinari. Al superamento della rigida separazione tra le materie di studio, alla incompletezza della spiegazione esclusivamente interna ad una data disciplina, alla necessità di preparazioni specializzate e nel contempo di superamento della visione specialistica. Alle interconnessioni, intersezioni, alla rete di rapporti, all’esigenza di riportare all’uno il molteplice; alla storia della cultura, a storia e cultura. All’efficacia e validità (si, ancora) del materialismo dialettico (non volgare e deterministico), al costante rapporto dialettico, appunto, tra cultura e realtà, capace di liquidare i vari idealismi, all’utilità di inserire in realtà più ampie i singoli specifici, proprio per meglio capirli. Al nesso teoria-prassi, alla ricostruzione dell’intera dinamica della realtà globale attraverso i vari segmenti di verità relative o scientifiche (è lo stesso) nel movimento caratterizzato dalla interconnessione e interazione generali individuo-natura-storia-cultura. Allo studioso, o meglio, all’uomo che pensa criticamente (contro ogni dogmatismo) e cerca di capire, costruire e ricostruire, come fa il ragno, segmento per segmento, la tela, la tela dell’intera realtà globale che ci produce e che produciamo.

IL DIRETTORE – ARMANDO GAMMETTA

 

Crediti