contributo del prof. Francesco Filareto
Il 2 giugno 1946 il popolo italiano, diventato sovrano attraverso la Resistenza e la lotta di Liberazione dal fascismo, decide liberamente, con il voto, per la prima volta esteso a tutti (comprese le donne), che l’Italia diventi una Repubblica democratica.
Oltre al referendum istituzionale viene eletta l’Assemblea Costituente chiamata a dare all’Italia una nuova Costituzione in luogo dello Statuto Albertino. Il voto degli Italiani fa prevalere la Repubblica (12.717.923: 54,26 %) sulla Monarchia dei Savoia (10.719.284: 45,74 %). Ma il voto dei Meridionali è deludente, perché dà alla Repubblica soltanto il 35,70 %, e quello dei Calabresi il 39,70 %. Gli elettori dei Comuni della Calabria del Nord-Est non si discostano dall’andamento del voto dei Meridionali e Calabresi ad eccezione di 14 paesi dove vince la Repubblica: Bocchigliero, Calopezzati, Caloveto, Canna, Civita, Cropalati, Frascineto, Longobucco, Lungro, S. Demetrio Corone, S. Donato di Ninea, S. Marco Argentano, Saracena e Vaccarizzo Albanese. Tutte le altre 43 città del territorio si schierano per la Monarchia, tra le quali Corigliano, Rossano, Cariati, Trebisacce, Cassano allo Jonio, Castrovillari ecc. Nonostante il suo modesto contributo, anche il Mezzogiorno avrebbe dovuto godere dei benefici dell’avvento della nuova e innovativa democrazia repubblicana. Allora, infatti, si affermano principi e valori, prima ignorati o negati, come la sovranità dei cittadini, l’uguaglianza sociale e di genere, la parità tra le diverse Italie, il diritto alla salute e alla vita, il diritto all’istruzione, il lavoro come diritto-dovere e fondamento del nuovo Stato, l’impegno della Repubblica a rendere effettivi l’uguaglianza e i diritti individuali e sostanziali per ognuno e per tutti. Nasce - sia pure ancora soltanto nei principi consacrati poi nella Costituzione – una nuova Italia, migliore di quella teorizzata e fatta dal Risorgimento. La Carta Costituzionale è la base fondativa dell'identità nazionale e democratica degli Italiani: essa dev'essere non stravolta, ma tutelata e attuata. Da allora, quante attese, quante speranze ! Ma da allora il Sud è rimasto ai margini, come un’Italia minore, l’altra Italia. La “Questione Meridionale”, nata nel 1861 con l’Unità d’Italia, non viene affrontata seriamente nemmeno dalla Repubblica democratica antifascista e resta tuttora una “questione” aperta e irrisolta. E tra i Sud il più a Sud, il più marginale e periferico, è la Calabria del Nord-Est, quell’area vasta compresa tra il Basso e l’Alto Jonio, la Sila Greca, l’Arberia, dove vivono, operano, resistono – per scelta ostinata – oltre 200.000 cittadini-persone, trattati costantemente dalle Istituzioni e dai partiti come figli di un Dio minore. Particolarmente, negli ultimi otto anni, questa parte della Calabria continua a essere penalizzata come nessun altro territorio: scippata del Tribunale (e quindi del presidio di giustizia di prossimità, della garanzia di tutela dei diritti dei cittadini onesti, dell’opposizione alla ‘ndrangheta), degli Ospedali periferici, di una sanità di qualità, della viabilità di sicurezza (stante l’estrema pericolosità della SS. 106 o E. 90), dei treni di lunga percorrenza, dell’insuperabile difficoltà di accedere ai trasporti aerei (privi come siamo di aeroporto, di metropolitana leggera di superficie, di assenza di collegamenti agli aeroporti di Lametia e Crotone). Un territorio maltrattato, mortificato, vilipeso, tenuto ai margini della modernità ! E non per crudele destino ! Ma esclusivamente per grave deficit di partecipazione democratica dei cittadini-persone (non pochi dei quali si sono dimessi da cittadini) e per deficit - ancora più grave - di rappresentanza politico-istituzionale a tutti i livelli. Tanto che l’interesse generale e il bene comune del popolo di questo comprensorio non sono rappresentati a nessun livello (mai successo dal 1861 ad oggi !). Il territorio diventato subalterno, passivo, rinunciatario, rassegnato è e continua a essere un serbatoio di voti delle oligarchie (o lobbie, caste, cricche) provinciali bipartisan di tutti i partiti, autentici centri di potere neo-feudale, autoreferenziali, soffocatori e violentatori di ogni autonomia territoriale e di ogni intelligenza autonoma. Stante questo scenario inquietante vien da chiedere chi investirà (imprenditori nazionali o stranieri) in questo nostro territorio, privo di tutti i servizi alla persona (giustizia, ordine pubblico, sanità, mobilità di uomini e merci, sicurezza) ? Chi resterà qui, dove le strutture economiche sono asfittiche e non espansive, dove non si creano e anzi si perdono posti di lavoro, dove c’è una diffusa illegalità, dove si assottigliano le aggregazioni e i movimenti di resistenza e di reattività ? Chi resterà qui dove prevale il clientelismo familistico dei nuovi feudatari padroni dei partiti, dove ogni giorno la speranza è meno credibile, dove i giovani e i talenti non trovano spazio e possibilità di rimanere e sono in fuga inarrestabile ? A questi interrogativi si possono dare risposte diverse e diametralmente opposte. C’è chi, per delusioni sofferte o per fiacchezza etica, è convinto che nulla possa cambiare in questa terra e perciò si auto-sospende da tutto (dal voto, dalla cittadinanza attiva, dalla protesta, dall’impegno personale) e si chiude nel lamento greco e nel paralizzante angoscioso fatalismo rinunciatario. C’è, però, anche chi non si dà per vinto, chi sceglie di resistere e reagire qui e ora, chi per amore e riconoscenza continua a servire la propria gente e la propria terra. E tra questi ultimi ormai è matura la convinzione che bisogna andare oltre la logica accentratrice di "questi partiti"; che bisogna trovare nuovi soggetti della rappresentanza del nostro territorio; che bisogna difendere e valorizzare l’interesse generale e il bene comune; che bisogna camminare insieme evitando di procedere in ordine sparso; che bisogna che ogni cittadino-persona di questo comprensorio faccia la propria parte e la faccia insieme e solidarmente con gli altri cittadini-persone, mediante la proposta, la partecipazione, l’impegno. Chi ha a cuore questa città e questo territorio si deve interrogare sul futuro della Città nuova di Corigliano-Rossano e delle altre città della Calabria del Nord-Est. Non possiamo e nè dobbiamo dimenticare le gravi responsabilità di coloro che - direttamente o per scarsa autorevolezza - hanno distrutto e messo in ginocchio questo territorio: essi hanno perso ogni credibilità. Viceversa, possiamo e dobbiamo sapere scegliere le persone giuste per il governo delle città e del territorio, le quali debbono garantire alcuni requisiti indispensabili: come la testimonianza di specchiata onestà, l'autorevolezza morale e civile, il richiamo ai principi e valori della Costituzione, la competenza, l'esperienza, la capacità di ascolto dei bisogni dei cittadini, l'impegno a fare rete nel territorio e a difenderne le ragioni e i diritti con i Governi regionale e nazionale. Questo territorio torni ai cittadini-persone e torni ad avere una prospettiva di speranza, che si nutra di indignazione e di coraggio civico. E ora la parola e l’azione passino ad ognuno di noi, che è il modo migliore per fare memoria dei 73 anni di Repubblica democratica, anti-fascista, anti-autoritaria, nazionale.