di Giuseppe Cassarà
Fonte: www.globalist.it
I cinque studenti che hanno bullizzato il professore dell’Itc di Lucca saranno sospesi e conseguentemente bocciati, mentre un sesto è stato sospeso per 15 giorni: questi i provvedimenti del Consiglio di classe della scuola.
Sul video dello studente che bullizza il professore si è già detto e si è scritto moltissimo. Si è detto che questi ragazzi sono fuori controllo, si è ribadito l’odiosissimo concetto che “un tempo ai professori bastava un’occhiata”. Odiosissimo perché quello non era rispetto, era paura, e forse la situazione attuale ha le sue radici proprio in questo clima di terrore per la figura del professore in cui sono cresciute le generazioni che ora si ritrovano ad essere genitori. Si sono invocate le famiglie: dove sono, che fanno, li tengono d’occhio questi figli? C’è anche chi evoca le pene corporali, semplificando la questione -gravissima- con una semplice mancanza di disciplina. Ecco, c’è il sospetto che le cose siano più complesse. È complessa la situazione familiare nell’Italia del 2018, tra precariato, lavoro dagli orari massacranti, l’incubo del licenziamento e del fine mese che non lascia il tempo di controllare se i figli siano studenti modello, non quando quei figli bisogna farli mangiare; c’è la situazione dei professori, rassegnati davanti a studenti aggressivi e ad ancor più aggressivi genitori, disposti a venire alle mani pur di non avere rotte le scatole dalla scuola, vista né più né meno ormai come un nido dove mollare i pargoli mentre si va a lavoro. C’è, è questa è la cosa più grave, una mancanza di fiducia nella scuola, nel suo ruolo sociale, nel suo essere un terreno di prova per quei ragazzi che, di qui a qualche anno saranno e/o sceglieranno i leader del futuro (sempre, certo, che gli attuali al governo si decidano a levare le tende). E poi, ovviamente, ci sono i ragazzi. Quale messaggio stiamo dando agli studenti del 2018? E quale, invece, loro stanno dando a noi? Viviamo in un paese, ma anche in un mondo, che tende a sminuire il valore dell’istruzione giorno dopo giorno. La “scuola della strada” sta sostituendo la scuola vera, quella che dovrebbe preparare alla vita, e gli studenti, che scemi non sono, percepiscono questa mancanza di fiducia. Sanno che la maggior parte degli adulti ormai considera la scuola, l’università, l’istruzione buffonate da radical chic e allora come dare loro torto se giocano ad alzare continuamente la posta per vedere fino a che punto possono arrivare? Senza ovviamente giustificare quanto successo a Lucca, bisogna però cercare di trarne il meglio, ossia riflettere su cosa stiamo lasciando a questi ragazzi: privi di una guida, demoralizzati dalle storie dei loro genitori, mortificati da una scuola che serve solo a riempire le ore, gli adolescenti italiani stanno lanciando un messaggio, con l’arroganza e, in questo caso, con la violenza tipiche della loro età. Siamo in grado di capirlo e di aiutarli, oppure lasceremo che sia la “scuola della vita” ad insegnare loro qualcosa?