Giuseppina Ghersi era una bambina di appena 14 anni quando fu picchiata, stuprata e uccisa dai partigiani con l’accusa di essere al servizio del regime fascista. Studentessa delle magistrali di Savona scrisse un tema che fu inviato al Duce ottenendone i complimenti: questa la sua colpa.

La mattina del 25 aprile 1945, Giuseppina fu sequestrata da tre partigiani e portata nei locali della Scuola Media “Guido Bono” a Legino, adibito a campo di concentramento per i fascisti. Le cosparsero la testa di vernice rossa e le vergarono la emme di Mussolini sulla fronte per essere poi esibita in pubblico come un trofeo di caccia. Fu pestata a sangue e violentata per giorni, sotto gli occhi del papà e della mamma, anch’essa violentata dall’ignobile gruppo. Il 30 aprile fu posto fine al suo martirio con un colpo di pistola alla nuca e il suo corpo gettato, insieme ad altri, su un cumulo di cadaveri davanti al cimitero di Zinola.

 MA VEDIAMO DI COS’ALTRO FURONO CAPACI I PARTIGIANI :          

 A

 

ECCIDIO DI ARGELATO

L'8 maggio 1945 i partigiani garibaldini della brigata "Paolo" Dino Cipollani e Guido Belletti prelevarono la professoressa Laura Emiliani e la portarono nella sede del CLN dove fu presa in consegna dalla polizia partigiana comandata da Luigi Borghi. Il giorno seguente Vittorio Caffeo, che era stato il commissario politico della brigata partigiana, sequestrò il vecchio podestà di San Pietro in Casale Sisto Costa con la moglie Adelaide e il figlio Vincenzo; a questi si aggiunsero nove cittadini di Cento. I prigionieri furono sottoposti al giudizio di un tribunale partigiano e sommariamente condannati a morte. Privati degli effetti personali, che furono spartiti tra i partigiani. Furono tutti strangolati, fu una strage.

B

ECCIDIO DEL BUS DE LA LUM (Buco della Luna, Foiba in Friuli)

Durante la seconda guerra mondiale l'inghiottitoio era stato utilizzato dai partigiani (la resistenza era particolarmente attiva sul Cansiglio) per eliminare i corpi di alcuni soldati della Repubblica Sociale Italiana e militari tedeschi, ma anche civili. Una relazione del 1949 compilata dai carabinieri di Vittorio Veneto contava oltre 300 vittime, mentre gli speleologi del Centro Italiano Soccorso Grotte, durante le ricerche degli anni sessanta, ne hanno valutato addirittura 500 (200 soldati tedeschi, 100 militari della Rsi, 200 civili).

 C

ECCIDIO DI CADIBONA

L'11 maggio 1945, trentanove prigionieri appartenenti alle disciolte formazioni della Repubblica Sociale Italiana vennero uccisi in una località a breve distanza dall'abitato di Cadibona, lungo la strada statale che porta alla galleria di Altare. Essi appartenevano ad un gruppo di 52 persone, fra le quali 13 donne, detenute nelle carceri di Alessandria e poste in traduzione per Savona per essere giudicate dalla Corte di Assise Straordinaria. Erano scortate da cinque agenti di Pubblica Sicurezza ausiliari: tre sottufficiali e due guardie, tutti ex partigiani. L'azione penale contro i presunti responsabili dell'uccisione dei detenuti politici era promossa dalla Questura di Savona soltanto nel 1950. A conclusione della lunga istruttoria il giudice rinviava i cinque partigiani e l'allora commissario dell'Ufficio politico della Questura di Savona, al giudizio della Corte d'Assise. Gli imputati, durante l'interrogatorio, negavano d'aver preso parte materialmente all'eccidio. Questi asserivano che sarebbe stato compiuto da partigiani a loro sconosciuti.

 ECCIDIO DEL CASTELLO DELL’IMPERATORE

Con l'espressione eccidio del Castello dell'Imperatore (conosciuto anche come "eccidio della Fortezza") si fa riferimento ad una serie di esecuzioni sommarie avvenute nella città toscana di Prato il 7 settembre 1944. La Corte di Assise di Primo Grado del Tribunale di Firenze – con sentenza del 27 marzo 1953 – condannò Marcello Tofani, detto Tantana, per uno di questi omicidi e prosciolse in istruttoria quattro altri partigiani.

 ECCIDIO DI CODEVIGO

L'eccidio di Codevigo, avvenuto tra il 28 aprile 1945 e la metà di giugno dello stesso anno, quindi appena finita la guerra, fu effettuata l’esecuzione sommaria a volte tramite torture e sevizie raccapriccianti, di 136 persone tra civili ed ex militi della Guardia Nazionale Repubblicana, da parte di ex partigiani e militari del Gruppo “Cremona”.

 E

ECCIDIO DI VIA ALDROVANDI.  

L'eccidio di via Aldrovandi è il linciaggio operato a Imola il 27 maggio 1945 ai danni di brigatisti neri. Il camion che trasportava sedici prigionieri fascisti, prelevati a Verona, venne fermato dalla folla in via Aldrovandi, nei pressi della caserma dei Carabinieri di via Cosimo Morelli a Imola. I militari di scorta non riuscirono a impedire l'aggressione ai danni degli squadristi da parte di elementi della resistenza locale. In base alle testimonianze oculari, le fasi finali del linciaggio si svolsero all'interno della caserma dei Carabinieri. A questo fatto viene anche ricollegato il precedente eccidio di sei familiari di fascisti imolesi, avvenuto a Cologna Veneta il 26 maggio. Le vittime si trovavano, in qualità di sfollati, nell'ex-asilo infantile di via XX Settembre, quando furono prelevati da alcuni partigiani e fucilati sulle sponde del fiume Guà.

 TRIANGOLO DELLA MORTE  (Emilia)

Lo storico e saggista Massimo Caprara, ex segretario di Palmiro Togliatti, guida del PCI e padre costituente, condannò l'omicidio del sacerdote Umberto Pessina, dicendo: «A capo delle liste furono collocati i religiosi. Valga il caso cruento del sacerdote don Umberto Pessina, parroco di S. Martino di Correggio, ucciso il 18 giugno 1946. L’ex deputato comunista e comandante di un distaccamento partigiano, Giannetto Magnanini, ha rivelato in un libro recente che il delitto, allora rimasto oscuro, fu opera precisamente della ronda comandata dal dirigente provinciale comunista di Reggio Emilia. Il Partito Comunista non solo fu diretto esecutore ma anche paradossale accusatore, provocando la condanna di falsi colpevoli nelle persone di Germano Nicolini, Elio Ferretti e Antonio Prodi, innocenti. Don Pessina aveva tentato di difendersi: fu colpito nel corso della colluttazione e impietosamente finito». Il numero dei morti resta indefinito. Ferruccio Parri, presidente del CLN, valuta il numero degli uccisi in 30.000.

 G

ECCIDIO DI GARDENA

L'eccidio di Gardena avvenne il 17 maggio 1945, quando cinque persone provenienti dalla Val Gardena furono arrestate, torturate ed infine uccise da partigiani nei pressi dei boschi di Pescul, frazione di Selva di Cadore in provincia di Belluno. L'ambasciatore americano a Roma del settembre del 1945, descrive le torture a loro inflitte e la morte per combustione da benzina. L’allora presidente della provincia di Bolzano scriveva : essi sarebbero  stati trascinati da un posto all’altro del bellunese e, alla fine, cosparsi di benzina, bruciati, ancor vivi, legati agli alberi.

 M

ECCIDIO DI MALGA SILVAGNO                                                                   

L'eccidio di malga Silvagno fu un regolamento di conti, compiuto all'interno delle organizzazioni partigiane. Alcuni partigiani c.d. badogliani (o bianchi) di stanza a Fontanelle di Conco soppressero 4 partigiani garibaldini (o rossi) il 30 dicembre 1943. Due delle vittime furono uccise a malga Silvagno, sull'altopiano dei Sette Comuni (provincia di Vicenza), le altre due nei pressi, in val Biancoia (Conco).

 

ECCIDIO DEI CONTI MANZONI

La notte tra il 7 e l'8 luglio un gruppo di ex partigiani comunisti si recò a bordo di due automezzi in località Frascata, nel comune di Lugo. L'obiettivo era la villa deiconti Manzoni. Circondato l’edificio,  il gruppo sequestrò le cinque persone presenti : la contessa Beatrice Manzoni, i tre figli (Giacomo,    Luigi e Reginaldo) la domestica della casa Francesca Lanconelli ed il cane di famiglia. Luigi era appena rientrato da Salò dove era stato per breve periodo al Ministero degli Esteri, con un  salvacondotto del CLN che attestava che non aveva "esplicato attività politica"Tutti  furono condotti nei pressi dell’azienda agricola “La Pianta” nel Comune di   Alfonsine   dove uno dopo l'altro furono uccisi. Per ultima fu uccisa a bastonate la contessa Manzoni che morendo gridò ai propri aguzzini: “ IO VI PERDONO”.

 

STRAGE DELLA CARTIERA DI MIGNAGOLA

La strage della cartiera di Mignagola fu perpetrata da elementi partigiani delle Brigate Garibaldi tra il 27 aprile e i primi giorni del maggio 1945, nella frazione di Mignagola, comune di Carbonera (Treviso) ai danni di numerosi militari della Repubblica Sociale Italiana e di civili fascisti o presunti tali rastrellati nella zona. I corpi rinvenuti occultati nei dintorni della cartiera di Mignagola furono 83, senza tener conto di quelli uccisi altrove o gettati nel fiume Sile.

 

STRAGE DELLA MISSIONE STRASSERRA

La strage della Missione Strasserra fu l’omicidio  di cinque partigiani  legati al cosiddetto Governo del Sud ed ai Servizi Segreti Americani (OSS), ad opera di un     nucleo di partigiani appartenenti alla Brigata Garibaldi-Biella comandati dal comunista Francesco MORANINO  (Gemisto) Poi condannato all’ergastolo e poi graziato dal Presidente della Repubblica  Saragat. I fatti avvennero il 26 novembre 1944 in località Portula (Biella) A questo omicidio seguì, il 9 Gennaio 1945, l‘assassinio delle mogli di   due di essi, che stavano indagando.

 

O

STRAGE DI ODERZO

La strage di Oderzo, avvenuta in due fasi tra il 30 aprile e il 15 maggio 1945 a Oderzo e Ponte della Priula, in provincia di Treviso, fu l'esecuzione sommaria, da parte di partigiani comunisti, di centotredici persone appartenenti o sospettate di appartenere alla Repubblica Sociale Italiana o al Partito Fascista.

 

STRAGE DI COSTA D’INEGLIA

La strage di Costa d'Oneglia, avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 maggio 1945, fu un'esecuzione sommaria di ventisei fascisti, tra cui l'ex deputato Pietro Salvo, compiuta   da un gruppo di partigiani.

 

R

STRAGE DI ROVETTA

Con Strage di Rovetta si fa riferimento all'esecuzione sommaria, avvenuta nella notte tra il 27 e il 28 aprile 1945 a Rovetta (BG), di quarantatré militi fascisti appartenenti alla 1ª Divisione d'Assalto "M" della Legione Tagliamento, inquadrata nell'ambito della Guardia Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana.

 

ECCIDIO DI SCHIO

L'eccidio di Schio fu il massacro compiuto nella notte tra il 6 e il 7 luglio 1945(due mesi dopo la fine della guerra) a Schio (Vicenza) da un gruppo formato da partigiani del Battaglione "Ramina-Bedin" della Divisione garibaldina "Ateo Garemi" inquadrati quali agenti della Polizia ausiliaria partigiana (istituita alla fine della guerra e composta da ex partigiani). Resta da notare, peraltro, che all'indomani dell'evento il CLN, la Camera del Lavoro e il Partito Comunista Italiano condannarono pubblicamente l'accaduto (quest'ultimo definendo gli autori "provocatori Trotskysti") in quanto la guerra era già finita da nove settimane e si sarebbe dovuto attendere l'inchiesta sulle responsabilità individuali delle persone arrestate. In realtà invece, l'organizzazione del PCI aiutò tre degli assassini ad espatriare segretamente a Praga (vedi successivo capitolo "L'atteggiamento del PCI"), su disposizione dello stesso Togliatti che aveva consultato Secchia e Longo (come riportato da Massimo Caprara, al tempo segretario particolare di Togliatti). Altri otto ricercati ripararono invece nella Jugoslavia (al tempo in mano ai partigiani di Tito), probabilmente tramite gli stessi canali. Quindi alle 00:15 vennero uccise a colpi di mitragliatore 54 persone, tra cui 14 donne (4 sotto i 21 anni quindi minorenni), e ne vennero ferite altre 17 (la più giovane di 16 anni). Alcuni detenuti (15), coperti dai corpi dei caduti, si salvarono indenni,

 

STRAGE DELLA CORRIERA FANTASMA

 

La strage della corriera fantasma, conosciuta anche come strage della corriera della morte, è stata una serie di delitti commessi tra il 16 e 17 maggio 1945 a Concordia sulla Secchia e San Possidonio, in provincia di Modena. Nei giorni successivi alla liberazione d'Italia al termine della seconda guerra mondiale, la polizia partigiana di Concordia fermò almeno un camion, successivamente ribattezzato "corriera" dalla stampa giornalistica, proveniente da Brescia che trasportava alcune decine di passeggeri, tra cui 16 ex militi della Repubblica Sociale Italiana che vennero uccisi e sepolti in due fosse comuni. Dopo 23 anni fu rinvenuta una terza fossa comune anche a San Possidonio.

 

U

UCCISIONE DI ECCLESIASTICI IN ITALIA NEL SECONDO DOPOGUERRA

Durante il biennio immediatamente successivo alla cessazione delle ostilità del secondo conflitto mondiale in Italia, tra le numerose uccisioni che videro coinvolte (come attori o vittime) nel centro-nord del Paese persone di differenti (e avversi) schieramenti ideologici, vi furono alcuni episodi delittuosi le cui vittime appartenevano al clero cattolico. Il sacerdote e storico imolese Mino Martelli ha calcolato in 110 il numero complessivo di delitti efferati avvenuti in:

EMILIA:

Rolando Rivi, seminarista, Da ide Mattioni, Giuseppe Jemmi, Domenico Gianni,Carlo Terenziani, Enrico Donati, Giuseppe Preci, Giuseppe Tarozzi, Giovanni aVuicciardi,    Raffaele Bartolini, Giuseppe Rasori, Luigi Lenzini, Achille Filippi, Alfonso  Reggiani, Francesco Venturi, Umberto PESSINA.

ROMAGNA :

Giovanni Ferruzzi, Luigi Pelliconi, Tino Galletti, Giuseppe Galassi, Teobaldo Daporto

 ISTRIA :

Francesco Bonifacio di 34 anni, sequestrato nei pressi di Villa Giardossi (Buie d’Istria)    da alcune guardie popolari, picchiato, lapidato e finito con due coltellate e, successivamente, infoibato. Fu beatificato dalla Chiesa  Cattolica il 4 Ottobre 2008, a

Trieste, in quanto ritenuto “in odum fidei”.

 

V

ECCIDIO DI VALDOBBIADENE

L'eccidio di Valdobbiadene fu l'esecuzione sommaria di circa 50 prigionieri appartenenti alla Xª Flottiglia MAS, eseguito dai partigiani della Brigata Garibaldi "Mazzini", avvenuto tra il 3 e il 5 maggio 1945 nei dintorni di Valdobbiadene.

 

ECCIDIO DELL’OSPEDALE PSICHIATRICO DI VERCELLI

L'eccidio dell'ospedale psichiatrico di Vercelli fu l’esecuzione sommaria ad opera di    alcuni partigiani della 182ª Brigata Garibaldi “Pietro Camana” di un gruppo di militi      della Repubblica Sociale Italiana (RSI) prelevati dallo stadio di Novara allora adibito       a campo di concentramento. Secondo le diverse fonti i militi uccisi furono tra cinquantuno e sessantacinque. L’eccidio ebbe luogo in parte nel Comune di Vercelli      ed in parte nel Comune di Greggio, tra il 12 ed il 13 Maggio 1945. La memoria dell’evento fu, per decenni, tramandata quasi unicamente dai reduci della RSI. Solo in anni più recenti alcuni storici hanno ripreso il tema oggi ricostruito in modo sufficientemente esauriente. Dallo stadio di Novara diversi gruppi di prigionieri furono in più occasioni prelevati dai partigiani e tradotti presso altre strutture; il maggior prelevamento si concluse con l'eccidio dell'ospedale psichiatrico.

 

Ernesto Scura

 

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