Fonte: La Redazione

Oggi giovedì 25 agosto, alle 17.30, alla “Catasta” di Campotenese si parlerà di Erranze, dialogo sull’emigrazione, con gli autori dei libri:

“Dagli Appennini alle Ande, al Caribe e all’Amazzonia” (Rubbettino) di Vittorio Cappelli (già professore di Storia Contemporanea nell’Università della Calabria, è direttore dell’Icsaic-Centro di ricerca sulle migrazioni e condirettore del «Giornale di Storia Contemporanea».; e “Memoir di un sindacalista in Germania” (Ferrari Editore) di Giuseppe Sammarro (Sindacalista, ex operaio, saggista, nasce in Calabria ma trascorre gran parte della sua esistenza in Germania). L’incontro è organizzato dall’Associazione “Lo studio di Francesco”, in collaborazione con il Comune di Morano Calabro e con l’hub culturale “La Catasta”. Sul libro di Sammarro, che è un importante tassello testimoniale sul mondo del lavoro nel Novecento, vi proponiamo un articolo apparso sulla rivista  della Fondazione “Migrantes” del mese di ottobre 2021.

 

“Il nostro cammino sulla terra è contemporaneo da percorrere con la schiena dritta da uomini liberi.”

 di Giacinto De Pasquale

 “Non c'è posto nel mondo dove non riposano le ossa di un lavoratore emigrato italiano.” E’ la citazione che apre il libro di Giuseppe Sammarro “Gli anni dell’utopia – Memoir di un sindacalista in Germania” (Ferrari Editore), in questi giorni in distribuzione. La Germania è stata un capitolo cruciale della storia europea, con le sue mutazioni e complessità, ed il  volume di Sammarro è un importante tassello testimoniale sul mondo del lavoro nel Novecento. L’autore parte dallo spazio della sua esperienza, per spingere la nostra attenzione verso la manodopera immigrata come metafora della condizione umana. Da Gastarbeiter (letteralmente lavoratore ospite) a consigliere nazionale del più potente sindacato tedesco, IG Metall, ha contribuito, per anni, in modo incisivo ai cambiamenti delle politiche d’integrazione sociale e lavorativa della comunità italiana.

Nel suo libro Sammarro racconta storie che investono tre aspetti della sua vita: quello umano, quello lavorativo e quello sindacale. E la straordinarietà del racconto è che questi tre aspetti si integrano perfettamente tra di loro, divenendo alla fine un tutt’uno che non annoia il lettore, ma anzi lo spinge a leggere la pagina successiva. “Il bel libro di Giuseppe Sammaro – scrive nella prefazione il prof. Vittorio Cappelli Direttore dell’Icsaie – Centro di ricerca sulle migrazioni – che, tra i suoi vari pregi – nel comporre l’intera vicenda della sua emigrazione in Germana, che si dipana tra il 1962 e il 1993 -, ha quello di saper alternare, spesso ritmicamente, narrazione autobiografica, ragionamenti politici ed esperienza sindacale”. Il racconto che fa l’autore nel volume, nonostante sia datato nel tempo, è di stretta attualità. La migrazione, infatti, è quel fenomeno che interroga le società di arrivo su che tipo di valori condividano e, di conseguenza, su che tipo di società vogliano essere: aperta, chiusa, accogliente, pura, meticciata, ecc. Oggi, però, la migrazione interroga anche (e soprattutto) la società di partenza e questo vale in special modo per l’Italia coinvolta, insieme alla comunità internazionale, nel processo di globalizzazione (formativo, culturale, lavorativo, ecc.) e, insieme all’Europa, nella costruzione sempre più articolata della libera circolazione di persone, merci, competenze, ecc. Questi processi, internazionali ed europei, però, sono arrivati a un punto di svolta. La mobilità umana globale da positiva e arricchente è diventata moneta di scambio di voti elettorali e così, facendo leva sull’innata paura dello straniero come predone, si è iniziato a vedere il ripiegamento di alcuni Stati su se stessi, chiusure di confini e alzate di muri. L’Italia non è stata da meno e oggi vive da protagonista questa spaccatura culturale e identitaria tra accoglienza e rifiuto, tra apertura e chiusura, tra l’essere sempre più terra di partenze (anche degli stessi immigrati divenuti cittadini italiani o no) e luogo di approdo (primo approdo per essere precisi).

Ed è proprio lo svilupparsi di questi processi che pone il libro di Giuseppe Sammarro al centro dell’attuale dibattito. L’emigrazione italiana verso la Germania agli inizi degli anni sessanta, è argomento particolarmente stimolante e quanto mai opportuno, poiché ci permette, con garbo ed attenzione, di volgere lo sguardo al nostro passato, attraverso un ponte ideale che ci aiuta a meglio analizzare e comprendere il nostro presente, ricucendo, attraverso il paradigma delle storie personali di cittadini italiani del Sud verso paesi quali Belgio, Svizzera e Germania. Vengono alla mente le significative parole dello scrittore svizzero Max Frisch che nello spiegare perché troppi connazionali fossero così ostili agli immigrati italiani contro cui avevano scatenato tre referendum disse : “Volevamo braccia, sono arrivati uomini”.  Partirono in molti, forse troppi e cosa trovarono? Qualche volta accoglienza e calore umano, il più delle volte e per tanti diffidenza, pregiudizio, odio razziale, nel puerile tentativo di evitare contaminazioni di qualsiasi tipo. Ma una storia così grande fatta di umanità, di passioni, di speranze, di sogni, di illusioni e disillusioni, di vittorie e sconfitte, non può essere sottaciuta per sempre, essa torna forte ed imperiosa affinché tutti, finalmente, prendendone atto, cerchino, in questa grande storia, motivi per renderla fiera e per far sì che non abbia a ripetersi.

 

 

 

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