Trieste - Piazza Unità

Capitava spesso che, a Trieste, noialtri studenti meridionali d’ingegneria,  ci incontrassimo sulla spettacolare piazza Unità, a goderci un po’ di sole  e, magari, a catturare qualche “preda” straniera.

Le più frequenti erano, di solito, le austriache, avide di sole e di mare e di “Latin lovers”. Probabilmente per loro era una tradizione che risaliva ai tempi dell’impero austro-ungarico, quando Trieste era una città austriaca in cui erano filtrate  tutte le caratteristiche della Mittel Europa, in cui si miscelava il meglio delle culture europee, stemperate in quella prevalentemente italiana che dava una connotazione di dolcezza e di romanticismo alla freddezza teutonica  e alla durezza slava, accettandone però la correttezza di comportamenti,  la precisione e quel pizzico di distacco dalle eccessive intonazioni morali. Ci fu la volta che noi studenti, allegri e spensierati, con la “vis goliardica” che ci caratterizzava, attirammo l’attenzione di un’’attempata signora che, inconfondibilmente, era austriaca. Era accompagnata dal vecchio marito. Arrivati in corrispondenza del nostro gruppetto, lei rallentò il passo, e così si venne a trovare distanziata dal vecchio consorte che non vide la scenetta. Lei si fermò, come se volesse riprendere fiato e, rivolta a noi che credevamo  volesse  qualche informazione, sentenziò : “marito italiano molto buono”. Restammo tutti un po’ interdetti per quell'exploit, fino a quando uno di noi, con prontezza , esclamò : “pussa via”. Ne seguì una fragorosa risata alla  quale non mancò di associarsi anche lei,  “die alte frau” (la vecchia signora). Chissà quali antichi ricordi avevamo fatto riaffiorare nella mente di  quella  “alte frau”, passate pulsioni, non escluse effusioni elargite in gioventù da  qualche soldatino italiano della prima guerra mondiale che, da prigioniero  di guerra in Austria, veniva utilizzato nel lavoro dei campi fraternizzando,  spesso, con i civili e, poteva mancare, con le “fraulein” (ragazze).E il marito?  Non si accorse di nulla e proseguì con passo costante la sua passeggiata.  Fu lei a raggiungerlo con passò un po’ più svelto. Un paio di anni dopo la laurea tornai a Trieste a rivedere i vecchi amici e, una sera, andammo nella baia di Sistiana, alla Caravella, dove c’era anche una pista di danza. Adocchiai, al tavolo vicino, una coppia di austriaci. Lei bionda,  slanciata, occhi azzurri e con un accattivante sorriso. Non smisi un attimo di guardarla, affascinato da tanta bellezza. Ci fu il momento propizio a poter  tentare un  approccio. Il marito si era allontanato ed io, visto che tardava a venire, approfittai per invitarla a ballare. Accettò di buon grado l’invito e non oppose alcuna resistenza quando la strinsi a me, anzi, assecondò la mia  audacia appoggiando la sua guancia alla mia e ci lasciammo andare in un  appassionato lento “cheek to cheek”. Ci lasciammo cullare entrambi da una patetica atmosfera di sentimentalismo da lei provocata e che io assecondai  guardandomi bene dal dissolvere. Si stavano creando tutte le premesse per  un piacevole risvolto da avventura sentimentale. Ed io che già incominciavo  a pianificare il seguito della vicenda, fui all’improvviso allontanato da lei con  una brusca spinta mentre con allarmata agitazione diceva : “mein Mann” (mio marito), in perfetta atmosfera da commedia leggera (cielo, mio marito!).  Finito il ballo la riaccompagnai al tavolo, amareggiato per l’imprevista piega. Con impeccabile inchino le baciai la mano rivolgendo un accattivante sorriso di ringraziamento al consorte, che ricambiò con un sorriso da cui traspariva, in modo inequivocabile, che lui non aveva affatto gradito la visione degli ultimi  giri di danza, se pur castigati qual erano quelli a cui aveva assistito. Non ebbi comunque modo di poterla più avvicinare per la serrata sorveglianza a cui il  marito ormai la sottoponeva. Insomma, quella volta dovetti andare in bianco. Ma nella vita, si sa, a tutto c’è rimedio. E poi, Trieste è una città generosa, e le austriache, anche loro, sono generose. E piazza Unità, non manca di dare Il suo contributo nel facilitare incontri e conoscenze. Infatti il giorno dopo, nella storica piazza Unità, ebbi la fortuna di incontrare Susi, di una cittadina austriaca, non lontana da Vienna, che si chiama Felixdorf. Susi era diretta all’isola di Silba, in  Croazia, per una vacanza. E quale migliore occasione, per lei, di passare con me  quei due giorni, in attesa del vaporetto per Silba e, per me, di trascorre gli ultimi  due giorni di vacanza a Tirieste in piacevole simbiosi. Avemmo modo, tra l’altro,  di scambiarci oltre alle effusioni amorose, anche confidenze personali. Lei, figlia  di uno scultore molto apprezzato, essendo figlia d’arte, lavorava nel campo del cesello, confezionando medaglioni d’argento come monili femminili personalizzati. L’ultimo saluto ce lo scambiammo con lei che sul vaporetto si sbracciava nei saluti sventolando il foulard col quale, mi parve, che asciugasse qualche lacrimuccia.  Capii, finalmente, il significato della famosa espressione, coniata in tempi antichi, in omaggio ai luoghi, al calore e alla disponibilità delle “fräulein”.: AUSTRIA FELIX.

Ernesto SCURA

 

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