di Salvatore Martino
Le violenti tempeste d’acqua che, nei giorni scorsi, hanno investito e distrutto vaste regioni della Germania, del Belgio e dell’Austria, dimostrano che non c’è più tempo per impedire alla natura di reagire alle nefandezze commesse dall’uomo.
Le centinaia di morti registrate ci dicono che la frattura tra uomo e ambiente è cresciuta talmente da far prevedere, per il prossimo futuro, tragedie e danni ancora maggiori, anche perché, nonostante i tantissimi eventi premonitori, l’uomo, in tutto questo tempo, non è stato capace di abbandonare la logica del profitto senza confini e di convertirsi a quella del rispetto e della conservazione della natura e della vita.
I tanti fenomeni, pandemia compresa, che negli ultimi anni stanno interessando, in maniera preoccupante, gran parte del pianeta stanno, ormai, mettendo in discussione, persino, la permanenza dell’uomo sulla terra, ma questo non sembra preoccupare le coscienze né le istituzioni internazionali che, ipocritamente, continuano a nicchiare e a minimizzare sperando, forse, di poter scaricare, sulle future generazioni, queste tragedie che, invece, appartengono già al presente.
Eppure, in tutti questi anni, il grido di dolore lanciato dal pianeta e raccolto da scienziati, intellettuali, uomini di cultura, dalla Chiesa, e dagli ambientalisti, per gli organismi internazionali e per coloro che hanno in mano il futuro della umanità continua ad essere solo iattura e frutto di opinioni strampalate.
Ciò che si potrà fare da qui in poi sarà pochissimo rispetto a ciò che si poteva fare e non è stato fatto. Troppi processi si sono messi in moto e, d’ora in poi, sarà davvero molto difficile poterne limitare le conseguenze. Le future generazioni, loro malgrado, saranno costrette a pagare in denaro contante il prezzo del nostro egoismo e della nostra saccenteria.

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