Il pubblico ministero ha concluso le indagini preliminari sul maresciallo dei carabinieri della Forestale Carmine Greco tratto in arresto lo scorso ottobre e attualmente detenuto presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere che dovrà rispondere di favoreggiamento nei confronti degli imprenditori Spadafora di San Giovanni in Fiore e le cosche cirotane per i tagli boschivi nel Parco nazionale della Sila.
L’udienza preliminare davanti al Gup Carè è fissata per il prossimo 14 febbraio a palazzo di Giustizia di Catanzaro. Difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Franco Sammarco, Carmine Greco era stato accusato anche di associazione mafiosa, accusa caduta lo scorso agosto. Il Tribunale della Libertà di Catanzaro, derubricò il reato di associazione mafiosa in concorso esterno in associazione mafiosa. A tradire il maresciallo Greco sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Oliverio (condannato nell’ambito del processo “Six Towns” a oltre 18 anni di carcere) in merito allo sfruttamento dei boschi di sua competenza. Secondo l’ex ‘capo’ di Belvedere Spinello il maresciallo riceveva, sistematicamente, dalla criminalità organizzata del denaro per favorire e coprire le attività illecite sul territorio grazie all’intercessione dell’impresa dei fratelli Spadafora di San Giovanni in Fiore. In particolare il maresciallo dei carabinieri della Forestale è indagato per aver fatto parte, tra gli altri, con Nicolino Aracri Grande, Francesco Garofalo, Salvatore Combierati, Antonio Spadafora, Luigi Spadafora e con altri non identificati, di una associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta – operante nella regione Calabria, nel territorio nazionale ed estero costituita da molte decine di locali e ‘ndrine distaccate, tutte ricollegate tra loro e anche per quanto attiene alle province di Cosenza e Crotone dotate di organismi a cui sono demandate le decisioni più importanti nonchè il raccordo con gli omologhi organismi apicali di altre province – associazione che si avvale della forza dell’intimidazione del vincolo associativo – e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. In particolare al ruolo dell’indagato per avere fatto aprte dell’articolazione territoriale, insistente nel comune di San Giovanni in Fiore e nelle aree montane silane delle province di Cosenza e Crotone, dell’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico operante nel territorio ricadente nelle predette zone finalizzata, mediante la forza intimidatrice del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento ed omertà della cittadinanza al controllo del territorio sopra indicato ed alla commissione di una serie di delitti, tra cui estorsioni, omicidi, danneggiamenti detenzione e porto illegali di armi, traffico di sostanze stupefacenti nonchè all’acquisizione in modo diretto o indiretto della gestione o del controllo di attività economiche , all’ingerenza della vita politica locale ed al conseguimento di profitti e vantaggi ingiusti per se e per gli altri. In particolare Greco Carmine, maresciallo dei carabinieri forestali, comandante della stazione di Cava di Melis, insistente nel comune di Longobucco (CS), legato agli imprenditori boschivi titolari dell’impresa “F.lli Spdafora Srl”, di San Giovanni in Fiore e società cooperativa Sociale “Kalasarna” con sede in Campana (CS) che beneficiavano per tutto l’altipiano silano della signoria sugli appalti, pubblici e privati, per il taglio boschivo, compiendo atti di concorrenza sleale mediante violenza, con l’impiego di metodo mafioso, al fine di annichilire ogni possibile concorrenza, curava gli interessi delle così dette imprese boschive, e quindi della compagine associativa di tipo ‘ndranghetistico, consentendo in maniera perdurante e sistematica che le suddette imprese potessero svolgere la loro attività senza dovere essere sottoposti a controlli intesi a verificare il rispetto delle autorizzazioni previste dalla vigente normativa regionale sulla cura e gestione del patrimonio boschivo, omettendo di intervenire laddove ci fossero segnalazioni, informando gli imprenditori di imminenti controlli da svolgersi, intervenendo per estromettere imprese concorrenti ovvero svolgendo personalmente indagini ove erano coinvolti gli stessi sodali adoperandosi, anche con metodiche tali, da inquinare le prove in corso di assunzione, per raggiungere risultati processuali volte a favorirli nonchè infine effettuando attività di mediazione tra alienanti aree boschive remunerative e gli Spadafora”. A seguito di accertamenti effettuati nell’agosto 2017 dai carabinieri Forestali della stazione della Sila/Camigliatello che avevano constatato un massivo taglio di piante ad alto fusto in località Macchiadi Pietro del Comune di Casali del Manco, 15 mila piante di alto fusto, in una zona di pregio rientrante nei confini del Parco nazionale della Sila, il maresciallo Greco avrebbe ritardato il servizio di verifica degli autori del taglio (se fossero dipendenti dell’impresa Spadafora) temporeggiando per oltre un’ora presso il comando di Cava di Melis dopo il concentramento del personale così da evitare che i carabinieri potessero individuare gli autori. Da indagini investigative tra cui intercettazioni telefoniche il maresciallo Greco in quelle ore e prima della partenza del personale militare aveva intrattenuto conversazione telefonica con Rosario Spadafora. In questo modo ometteva di compiere un atto del proprio ufficio che andava effettuato senza ritardo; informava gli autori del fatto di una notizia che doveva rimanere riservata; aiutava i responsabili delle imprese degi Spadafora a eludere le investigazioni della polizia giudiziaria. Sempre secondo i capi di accusa avrebbe avvisato Rosario Spadafora della segnalazione pervenuta alla centrale operativa dei Carabinieri Forestali dell’esistenza di un taglio abusivo in località “Russi” di San Giovanni in Fiore, dopo avere rappresentato all’operatore di prendere in carico l’intervento.