Cinque anni di indagini partite dopo il ritrovamento di una bottiglia incendiaria quale atto intimidatorio ai danni di un imprenditore edile.
I reati ipotizzati erano di associazione mafiosa, estorsione, concussione, corruzione elettorale, usura, frode informatica e porto abusivo di armi. Dalle indagini sarebbe emerso anche il rapporto di Gencarelli Angelo e Trematerra Michele, per i quali la procura distrettuale ha ipotizzato una condotta di ricerca di favori e scambio di voti. Michele Trematerra ottenne nel 2010 circa undicimila voti e diventò assessore della Regione Calabria. L’ex assessore regionale incluse nella struttura regionale Angelo Gencarelli, il quale ricopriva anche il ruolo di consigliere comunale di Acri e di presidente della commissione urbanistica. Secondo l’accusa, Gencarelli avrebbe condizionato gli appalti, in particolare nel settore boschivo e quando ciò non avveniva il gruppo avrebbe messo in atto estorsioni chiedendo il “fiore” o con minacce avrebbe costretto le ditte assegnatarie a lasciare il lavoro. Sempre secondo l’accusa, gli esiti dell’attività investigativa metterebbero in evidenza come Angelo Gencarelli, insieme ad Angelo Cofone e D’Ambrosio Adolfo si siano fattivamente attivati a favore del candidato Trematerra, sostenendone la campagna elettorale anche ricorrendo a metodi intimidatori nel procacciamento dei voti. Il Giudice primo grado, in accoglimento della richiesta avanzata dall’Avv. Pasquale Di Iacovo, aveva assolto Cofone Angelo “perchè il fatto non sussiste”. Ma contro tale decisione aveva presentato ricorso la Procura distrettuale antimafia, chiedendo alla Corte di Appello di Catanzaro il ribaltamento dell’assoluzione con una sentenza di condanna alla pena di 6 anni di reclusione. Nei giorni scorsi è arrivata anche la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, la quale ha invece accolto integralmente la richiesta avanzata dall’Avv. Di Iacovo, confermando la sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.