di Giovanni Scorzafave (tratto dal primo volume de "Le botteghe di una volta")
Giuseppe Campolo Consolato, noto come Peppino ’u magghjéri, nasceva alla fine dell’Ottocento a Bocale Pellaro, un paesino della provincia di Reggio Calabria. Aveva sposato Antonietta Greco, sorella di uno dei migliori suonatori di chitarre battenti di Corigliano, mastro Ciccio Greco.
Dopo una permanenza, per motivi di lavoro, a Carcare, un paesino della provincia di Savona, alla fine degli anni ’20 del secolo scorso si trasferiva a Corigliano, in via Ospizio, esercitando l’attività di venditore ambulante nel campo della biancheria intima..
Lo chiamavano Peppino ’u magghjéri perché, in particolare, vendeva maglie intime per uomini, bambini e donne. Nella vendita porta a porta lo aiutava il suo primogenito, Domenico, che ne ereditava, simpaticamente, anche il soprannome: Mimmo ’u magghjéri. Domenico era un uomo molto responsabile e dotato di grande spirito di generosità. Infatti, ancora giovane, a seguito della perdita della sua cara mamma, insieme al padre, prendeva le redini della famiglia, lavorando con spirito di sacrificio e più di quanto un giovane della sua età soleva fare, per mandare avanti la sua famiglia numerosa. Erano anni difficili. Stava per scoppiare uno dei conflitti più disastrosi della storia: la Seconda Guerra Mondiale. La profonda crisi economica che attanagliava la nostra città costringeva Mimmo ad un lavoro sempre più duro e faticoso per portare un sudato pezzo di pane a casa. Mi raccontava il figlio Peppino che suo padre con una semplice bicicletta, dotata di un grande portapacchi, pieno di maglie di ogni genere, partiva per i paesini più sperduti del Cosentino e del Catanzarese. Restava lontano da casa, alloggiando, spesso, nelle locande più modeste, due, a volte anche tre, settimane, in attesa che quel suo portapacchi perdesse di peso. Il ritorno a casa avveniva solo quando finiva di vendere quasi tutta la sua merce, ma solo per qualche giorno: il tempo necessario per sistemare un po’ le cose di famiglia e riorganizzarsi per nuove avventure con il suo singolare e inseparabile mezzo di trasporto, un “furgoncino” a due ruote. Così, partiva per altri paesini calabresi o per qualche fiera con il suo fagotto itinerante, stracolmo di magghje. Durante questi giorni difficili, fatti di rinunce e di grandi sacrifici, da una città all’altra, esposto alle intemperie, il caro Mimmo maturava sempre di più l’idea di farsi una propria famiglia e aprire un negozio di tessuti a Corigliano. E così sarà. Nel 1943, in piena guerra mondiale, che, per fortuna, era anche l’anno della svolta della caduta del regime fascista, sposava la gentilissima Giuseppina Guidi, nota affettuosamente col nome di Pippinella: una grande donna, sorella del mio amico Antonio e dell’indimenticabile Pietro. Una donna che saprà essere per Domenico, oltre che un’adorabile e splendida moglie, anche un’abile compagna di lavoro, nonché una premurosa mamma di due straordinari figli, Peppino e Antonietta. Alla fine degli anni ’40, Mimmo realizzava finalmente il suo grande sogno. Insieme alla moglie, apriva un bel negozio di tessuti, in via Roma, al numero civico 135, sutta l’Archi, proprio di fronte ’a ra putiga ’i frutta e verdura ’i ri Caccicannocchji (famiglia di Antonio Costa). In questa bottega vendeva tessuti a metraggio, vestiti per adulti e bambini, articoli di merceria, camicie, borsette, ombrelli e le immancabili… magghje.